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Oro: si ferma la grande corsa. A Vicenza gli affari dimezzati: "Qui camminiamo sul filo". Cresce la cassa integrazione

La Fiera fa suonare nuovi campanelli d’allarme: prima stangata legata ai dazi. Giordini: "Uscire dall’impasse". Benvenuto: "Rischio danni per tutta la città". .

L’analisi degli imprenditori dopo la fiera a Vicenza tra scenari e preoccupazioni

L’analisi degli imprenditori dopo la fiera a Vicenza tra scenari e preoccupazioni

di Gaia Papi AREZZO La chiusura di VicenzaOro settembre 2025 lascia ad Arezzo un retrogusto agrodolce. Se sul fronte organizzativo la fiera ha confermato standard elevati – logistica impeccabile, incoming ben gestito, opportunità di visibilità – sul piano economico le attese non sono state soddisfatte. I numeri ci sono, ma i volumi restano ridotti, con un mercato che continua a muoversi a rilento sotto il peso delle tensioni geopolitiche, dei dazi e di un oro ormai stabilmente sopra i 100 euro al grammo. "Ordini per Natale ci sono stati, ma dimezzati rispetto al passato – racconta Mauro Benvenuto, presidente orafi Cna Arezzo e Toscana e presidente consulta orafa aretina. –. Dove prima si facevano 10 ordini, oggi se ne fanno 5. Il dollaro forte e i dazi americani hanno reso i nostri prodotti il 30% più cari negli Stati Uniti. E questo pesa tantissimo". Una fotografia che riflette la difficoltà di mercati chiave come quello americano e quello turco, entrambi frenati da barriere commerciali e instabilità politica. Nonostante ciò, qualche segnale di ossigeno è arrivato. "L’affluenza non è stata altissima, ma buyer ne abbiamo visti, anche dall’Italia – spiega Giordana Giordini, presidente della sezione orafi Confindustria Toscana –. Si è lavorato, certo con più cautela e con quantità ridotte. Il made in Italy di qualità resta un punto di forza: chi compra, anche pagando di più, cerca il prodotto ben fatto". Sul fronte occupazionale, però, il clima rimane teso. "Molte aziende hanno già aperto casse integrazioni, anche preventive – continua Giordini –. È un modo per proteggere i dipendenti in un contesto che resta fragile. La vera sfida è arrivare a fine anno senza perdere troppo terreno. Poi, dal 2026, ci auguriamo un’inversione di tendenza". Il quadro è confermato anche da Paolo Frusone, coordinatore delle Federazioni Orafi e Artistico di Confartigianato: "La fiera ha risentito del clima di incertezza internazionale. L’assenza dei buyer turchi e il calo di quelli americani hanno pesato, visto che insieme valgono circa il 50% dell’export aretino. Sono rimasti europei ed Emirati, ma con atteggiamento molto prudente. L’aumento dell’oro e le oscillazioni del dollaro hanno reso più complesso chiudere contratti significativi". In questo scenario, la fiera veneta non ha risolto i problemi, ma ha permesso alle imprese di mantenere relazioni e consolidare contatti. "È come muovere la classifica senza vincere la partita – sintetizza Benvenuto –. Serve per restare in corsa, ma la strada è ancora lunga". Proprio per questo lo sguardo delle aziende aretine si sposta già verso nuovi mercati: "Hong Kong, dal 17 al 21 settembre, sarà un banco di prova decisivo – spiega Frusone –. È un hub globale che apre a Sud-est asiatico, Stati Uniti e Sud America. Lì speriamo di intercettare nuove opportunità, perché rimanere fermi significherebbe arretrare". Per Arezzo, motore dell’oreficeria italiana, il settore non è solo manifattura: è economia diffusa, posti di lavoro, indotto. Dai ristoranti ai negozi, ogni contrazione pesa sull’intera città. "È inevitabile – ammette Benvenuto –: se cala l’oro, cala tutto". La sensazione, oggi, è di camminare in equilibrio sul filo. "È un momento difficile, ma serve guardare avanti con speranza – ribadisce Giordini –. Investire sulla qualità, innovare, cercare nuovi mercati: è l’unica ricetta per uscire dall’impasse". VicenzaOro, dunque, non ha fatto miracoli, ma ha acceso almeno una luce in un tunnel che resta lungo e incerto.