
Il transennamento dei mesi scorsi è ormai saltato, ma non ci sono stati interventi .
È un edificio storico della città, perché ha ospitato la prima stazione, ed è anche un punto di attracco privilegiato alla città, alle porte della cinta muraria, all’inizio di viale Mazzini. Eppure l’incuria e il degrado regnano sovrani, in questo edificio vuoto da un anno e mezzo circa, in vista di un complesso progetto di recupero. Gli inquilini furono costretti ad andarsene, ma i lavori non sono mai iniziati e quel che è peggio lo stato di conservazione dell’immobile è preoccupante, con pezzi di intonaco caduti a terra, erbacce che spuntano ovunque, crepe evidenti in ogni dove.
All’inizio di maggio, oltre tre mesi fa, dopo un sopralluogo di Polizia municipale e Vigili del fuoco, il corpo centrale dell’edificio (quello in peggiori condizioni) fu transennato, restringendo notevolmente lo spazio agibile del marciapiede per motivi di sicurezza. Sono passati tre mesi e mezzo e non solo non è stato realizzato alcun intervento nell’immobile di proprietà del Demanio militare, ma il perimetro dello spazio teoricamente non accessibile perché messo in sicurezza è ormai completamente saltato: i nastri bianchi e rossi sono ormai tutti spezzati, le transenne di conseguenza sono diventate un’ipotesi più che un divieto.
Possibile che non se ne sia accorto nessuno, in una zona iper transitata anche da parte di chi dovrebbe svolgere compiti di vigilanza? Il tema del pericolo si intreccia con quello del decoro, con l’unico intervento in un anno e mezzo realizzato con il taglio del verde nel terrapieno sopraelevato. Un po’ poco, per un pezzo di storia della città, luogo di passaggio di migliaia di persone ogni giorno in auto e a piedi, biglietto da visita anche per i turisti che (nel periodo di alta stagione delle gite) vengono talvolta fatti salire o scendere proprio davanti a quelle transenne a guardia del nulla.
Negli ultimi giorni una persona in evidente difficoltà ha iniziato a dormire sotto una delle arcate, in una zona in stato di totale abbandono, come tutta la struttura.
Orlando Pacchiani