
Lo psichiatra Andrea Fagiolini svela dubbi e speranze dei ragazzi alla vigilia dell’inizio dei colloqui orali: "Mio padre, sorridendo, disse che alla peggio avrei perso solo un anno dei tanti che mi rimanevano".
L’esame di maturità è un traguardo ma anche un passaggio, perché rappresenta allo stesso tempo sia la fine di un percorso che l’inizio di una nuova strada, di scuola e di vita. In altre parole, è un passaggio concreto e simbolico allo stesso tempo, scolastico ma anche personale. Per molti rappresenta la prima vera occasione in cui ci si mette in gioco da soli, in pubblico, con uno sguardo esterno che valuta. È un rito di passaggio, nel senso più profondo. Segna la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra; le speranze e i timori per la prova riassumono anche le speranze e i timori per la nuova fase che si apre, che è più aperta e libera ma anche più incerta e meno guidata", così, a maturità in corso, il professor Andrea Fagiolini, ordinario di Psichiatria dell’Università e direttore Dipartimento di salute mentale alle Scotte, analizza dubbi, paure e speranze dei ragazzi alle prese con la prima prova della vita, alla vigilia degli orali che iniziano domani.
A 18 anni si è adulti ma ancora piccoli: trovarsi da soli davanti ad un commissione giudicante può spaventare?
"A 18 anni si è in bilico. Da un lato c’è il desiderio di essere adulti, di contare qualcosa, di scegliere e rivendicare la propria libertà. Dall’altro si è ancora fragili, pieni di insicurezze e paure. Ritrovarsi da soli davanti a una commissione (e alle opinioni del resto del proprio mondo, che aspetta di sapere il voto) può fare paura proprio per questo: non ci sono più filtri, non c’è il gruppo dei compagni di classe a fare da scudo. Tuttavia, l’esame può essere anche un’opportunità per scoprire risorse che non si sapeva di avere".
Come affrontare il giorno dell’esame?
"Andrebbe vissuto con il giusto equilibrio: non come una sfida estrema, ma nemmeno con superficialità. È utile prendersi del tempo la mattina per respirare, mangiare qualcosa di leggero, ripassare solo i concetti chiave, senza affanno. E poi, fidarsi di sé. Nessuno chiede la perfezione. Io andai all’esame di maturità con il terrore di essere respinto. Alla fine, presi il massimo dei voti, ma mi aiutò anche mio padre che mi ricordò che, se avessi fallito, alla peggio avrei perso solo un anno dei tanti che mi rimanevano. ’E che sarà mai’, mi disse sorridendo. Una frase leggera, che mi fece rendere conto che a volte la vita, anche nelle prove che a noi sembrano enormi, va presa così: in modo più leggero possibile".
Come presentarsi?
"Per quanto riguarda l’aspetto esteriore, non esistono regole rigide. Se possibile, l’abbigliamento dovrebbe essere sobrio e coerente con il contesto e con se stessi. La persona non cambia sulla base dei suoi vestiti. Tuttavia, alcune commissioni possono apprezzare come segno di considerazione e rispetto un abbigliamento sufficientemente curato. Insomma, non un abbigliamento da spiaggia, che si può rimandare a quando iniziano i festeggiamenti. Per quanto riguarda l’atteggiamento è utile entrare in aula con rispetto ma senza timore, guardare negli occhi, parlare con calma, senza correre, con la voce alta e facilmente udibile, guardando la commissione con atteggiamento sicuro, non timoroso ma nemmeno arrogante. Un atteggiamento che esprima sicurezza e speranza allo stesso tempo".
La notte prima dell’esame?
"Meglio dormire. Studiare fino all’ultimo minuto raramente produce effetti positivi. Quello che non si sa la sera prima, difficilmente lo si impara in poche ore. Meglio coccolarsi un po’, ascoltare musica, chiacchierare con qualcuno che ci vuole bene e poi andare a fare una bella dormita. Il cervello lavora anche mentre si riposa".
Paola Tomassoni