PAOLA TOMASSONI
Cronaca

La biotecnologia nel futuro: "Un braccio artificiale come una parte del corpo"

Il professor Domenico Prattichizzo presenta i nuovi risultati del progetto Haria "Grazie a connessioni sensorimotorie il paziente muove e sente l’arto robotico".

Il gruppo di lavoro coordinatore dal professor Domenico Prattichizzo dell’Università degli studi, alla presentazione a Perugia del progetto innovativo sull’arto robotico

Il gruppo di lavoro coordinatore dal professor Domenico Prattichizzo dell’Università degli studi, alla presentazione a Perugia del progetto innovativo sull’arto robotico

"Una connessione sensorimotoria grazie alla quale anche il tetraplegico può guidare, con la sua minima mobilità residua, un braccio robotico e sentire l’estensione robotica come parte di sè", così il professor Domenico Prattichizzo, ordinario di Robotica e Automatica all’Università di Siena, racconta l’ultima tappa del progetto europeo Haria, da 4,8 milioni di euro, di cui il suo gruppo di ricerca è coordinatore, portato avanti con enti di ricerca e sviluppo di 5 Paesi, fra i quali l’Ospedale nazionale dei paraplegici in Spagna e l’Istituto italiano di tecnologia. Aggiungere un arto robotico ‘extra’ capace di muoversi, manipolare oggetti e trasmettere il tatto, senza impianti fissi: è il risultato raggiunto – presentato a ’Automatica.it’ a Perugia –, che ha permesso a un paziente con un braccio paralizzato di versare l’acqua in un bicchiere usando un braccio artificiale.

"Ad oggi i robot sono sempre più usato come assistenti per la disabilità, ma ancora percepiti come una sorta di badanti, uno strumento estraneo che esegue quanto richiesto – ha spiegato all’evento umbro Maria Pozzi –. Il nostro obiettivo è permettere alle persone con disabilità di sentirsi in qualche modo autonome, almeno in alcune operazioni. Fare in modo di sentire il robot come estensione di sé".

Sulla base di questo concetto, l’idea dei ricercatori senesi è quella di usare robotica e Intelligenza artificiale per estendere le capacità umane attraverso arti extra e il primo passo è permettere a pazienti vittime di ictus o incidenti di poter controllare il braccio robotico. "Immaginiamo delle fasce armband, interfacce indossabili sensorimotorie, attraverso le quali il soggetto sente queste braccia robotiche parte di sè. Se il braccio prende un bicchiere, il soggetto ne sente il peso. La connessione sensorimotoria permette al soggetto di percepire il movimento. Dunque sente l’artificiale come parte di sé, non come sostituzione. È la grande rivoluzione di domani: l’artificviale, il robot non sostituisce l’uomo, lo integra, gli dà qualcosa in più".

Una serie di sensori mobili riescono a catturare i segnali dal braccio paralizzato e a trasmettere il senso del tatto dai sensori posizionati sul robot. Una soluzione semplice, senza impianti chirurgici, che ha permesso nel caso in questione alla persona di versarsi autonomamente da bere. "L’essere umano ha varie forme di intelligenza, una di queste è quella senso-motoria, ossia la capacità di manipolare con precisione gli oggetti. Ed è forse anche la caratteristica principale che ha permesso i maggiori progressi alla nostra specie: grazie all’artificiale il soggetto con disabilità recupera parte delle sue funzionalità motorie ed è felice", conclude Prattichizzo.

Paola Tomassoni