
Vinnitaly, luogo tradizionale di incontro tra domanda e offerta
I prossimi dati ufficiali arriveranno a inizio settembre, relativi al primo semestre, ma il clima nel mondo del vino è preoccupato a prescindere, perché i dazi Usa vanno comunque a colpire un settore trainante della nostra economia agroalimentare. Negli ultimi due anni la quota di mercato destinata agli Stati Uniti ha superato il 40 per cento del totale delle esportazioni del settore (sempre dato del primo trimestre, fornito dalla Camera di commercio): l’anno scorso 50,3 milioni su quasi 122 totali, a fine marzo di quest’anno 48,8 su 115,1 milioni.
Un impatto quindi decisivo, con il secondo mercato (la Germania) inferiore di oltre quattro volte, a seguire il Canada e poi quote molto meno rilevanti tutti gli altri. Da sottolineare anche che dal 2023 al 2025 l’export di vino verso gli Stati Uniti è cresciuto di un terzo. "Gli effetti dei dazi sono un argomento che nel nostro territorio richiede ovviamente la massima attenzione – afferma Massimo Guasconi, presidente della Camera di commercio di Arezzo-Siena – al pari di tutto ciò che riguarda l’agroalimentare italiano, a rischio di perdite di quote di mercato e di aumento dei fenomeni truffaldini di imitazione dei nostri prodotti". Come muoversi allora? Intanto lo scenario macro: "Confidiamo che le trattative possano portare a un contenimento dei dazi, meglio se ad annullarli – osserva Guasconi –. Nel frattempo è importante lavorare per suddividere sull’intera filiera l’aumento dei costi, evitando che finiscano per gravitare solo sui produttori".
E il fronte nuovi mercati? "È una prospettiva da prendere seriamente in considerazione – afferma ancora Guasconi, ma consapevoli che si tratta di meccanismi costosi perché è necessario partire dagli investimenti e che i risultati non possono essere immediati.
Altra prospettiva, ancora, "lavorare con Paesi non colpiti da dazi". Tradotto, dare vita a una triangolazione (comunque con un aggravio di spese, ma inferiore a quelle dettate dai dazi) per aggirare lo scoglio delle nuove tariffe.
In totale, nel 2024, le bevande (e quindi il vino) hanno rappresentano la seconda voce di esportazione negli Stati Uniti, con 181 milioni di euro, dietro la farmaceutica (291 milioni), davanti ai prodotti alimentari (100 milioni), su un totale di 659 milioni di euro, il 15,4 per cento dei 4,2 miliardi di euro totali di export. Numeri che, inevitabilmente, nel 2025 saranno condizionati dalle nuove strategie della politica trumpiana, con l’imposizione dei nuovi dazi.