GIOVANNI PELLICCI
Cronaca

Dazi, accordo sul 15%. L’allarme dei Consorzi: "Un conto salato per l’export del vino"

Appello al governo italiano e all’Ue per considerare adeguate misure "Salvaguardare un settore che grazie ai buyer Usa era cresciuto molto". Attesa per conoscere la lista dei prodotti con tariffe a quota zero.

Appello al governo italiano e all’Ue per considerare adeguate misure "Salvaguardare un settore che grazie ai buyer Usa era cresciuto molto". Attesa per conoscere la lista dei prodotti con tariffe a quota zero.

Appello al governo italiano e all’Ue per considerare adeguate misure "Salvaguardare un settore che grazie ai buyer Usa era cresciuto molto". Attesa per conoscere la lista dei prodotti con tariffe a quota zero.

"Tanto tuonò che piovve". L’altalena dei dazi pare fermarsi a quota 15% ai danni del vino italiano e di altri prodotti di eccellenza made in Italy. Sì, perché quello che l’Ue ha strappato agli Usa di Trump assomiglia a un patteggiamento, considerato che si partiva da una minaccia di tariffe al 30%, ma a pagarne le conseguenze saranno produttori. Dal 1° agosto il vino italiano rischia un conto molto salato: "Circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi – secondo Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini – che potrebbero salire a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l’attuale livello di svalutazione. Facciamo appello al governo italiano e all’Ue per considerare adeguate misure per salvaguardare un settore che grazie ai buyer statunitensi era cresciuto molto".

Ma quanto impatterebbero i dazi al 15% su di una bottiglia di vino? "Se a inizio anno una bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione del dollaro, il prezzo della stessa bottiglia sarebbe vicino ai 15 dollari – spiegano da Uiv –. Con la conseguenza che, se prima il prezzo finale rispetto al valore all’origine aumentava del 123%, da oggi lieviterà al 186%". In sostanza un forte contraccolpo per i vini italiani e toscani in particolare: negli Usa va il 37% delle esportazioni regionali per 400 milioni di valore. E, sempre secondo l’Osservatorio Uiv, tra le tipologie di vini più danneggiate rientrano eccellenze senesi come il Chianti Classico, il Brunello di Montalcino e altri rossi Dop. "I dazi al 15% infliggeranno un duro colpo al Brunello di Montalcino e metteranno a dura prova la resistenza delle aziende – commenta il presidente del Consorzio Vino Brunello, Giacomo Bartolommei –. Siamo in attesa di conoscere la lista dei prodotti con dazi zero, ma è già evidente che l’applicazione del dazio causerà un rallentamento delle esportazioni verso la nostra prima destinazione di sbocco. Infatti, il mercato Usa vale il 30% del nostro export, pari a oltre 3 milioni di bottiglie; in questo scenario sarà difficile se non impossibile riallocare l’invenduto nel breve periodo su altre piazze. Dobbiamo lavorare subito a negoziati commerciali, a partire dal Mercosur, per aprire nuove rotte". Preoccupazione anche in Avito, l’associazione che rappresenta 24 Consorzi del vino toscano.

"I dazi si ripercuoteranno in maniera importante sui consumi e quindi sulle economie delle nostre aziende – osserva il presidente Andrea Rossi, guida anche del Nobile di Montepulciano –. Serve un intervento strutturale di governo e istituzioni con risorse straordinarie per fare fronte a questo cambiamento. Serve maggiore flessibilità sugli strumenti di promozione, a partire dall’Ocm". "Il nuovo assetto tariffario – commentano da Coldiretti Toscana – dovrà essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato così come l’olio". Ma c’è anche un’altra possibilità: stringere patti con gli importatori Usa in modo da dividersi il fardello del dazio per non rovesciarlo tutto sui prezzi, allontanando i consumatori. Nel frattempo, altri fronti del settore vitivinicolo, non a caso, preferiscono pesare le parole. Come il Consorzio Chianti Classico che ha negli Usa il mercato numero uno ed è reduce da performance in crescita nonostante tutto il settore fosse in frenata: "Se confermato, il dazio del 15% avrebbe un impatto molto pesante per il nostro comparto. Non possiamo nascondere la preoccupazione – afferma il presidente Giovanni Busi –. Dobbiamo stringere i denti e capire esattamente che cosa sia stato deciso: le notizie che arrivano sono frammentarie e servirà analizzare bene i dispositivi ufficiali e le modalità di applicazione".