REDAZIONE PRATO

Tessile, produzione in calo. Ma i nostri dati migliori della media nazionale

Dossier Confindustria: nel secondo semestre -2,5%. Bene i tessuti, peggio i filati in ripresa l’abbigliamento, male il meccanotessile. La presidente Romagnoli: "Dazi, cambio dollaro e andamento moda le incognite che preoccupano" .

Segnali in chiaroscuro nel report Confidustria per il secondo semestre 2025

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Ancora un segno meno per il nostro distretto, ma numeri decisamente migliori rispetto alla media nazionale. Stando ai dati di Confindustria Toscana Nord il secondo trimestre 2025 si è chiuso con un calo della produzione del 2,9%. Più nel dettaglio il tessile registra -2,5% rispetto al 2° trimestre 2024: un dato però tutt’altro che disprezzabile nel contesto italiano che segna -8,1%. E’ invece positivo, a quota +2,9%, il comparto tessuti, che comprende prodotti sia per l’abbigliamento che per usi diversi (era stato positivo anche il 1° trimestre). Segnano -4,5% invece i filati, che nelle ultime stagioni stanno soffrendo dopo alcuni anni di buone prestazioni. L’abbigliamento/maglieria registra un aumento della produzione di +2,7%: un dato confortante dopo che dalla fine del 2023 il segno del comparto era stato negativo. L’andamento della metalmeccanica, rappresentata soprattutto dal meccanotessile, è invece negativo: -10,4%.

"Quella di Prato è una situazione segnata profondamente dalla preponderante presenza di un settore divenuto molto complesso come la moda – commenta la presidente Fabia Romagnoli –, un settore che sta vivendo una fase di profonda trasformazione alla quale il distretto sta rispondendo con efficienza, cercando di coglierne le opportunità. Le incognite dei prossimi mesi non possono non preoccupare: sarà determinante l’impatto che i dazi Usa, combinati col cambio euro/dollaro, avranno non solo direttamente sul distretto ma in generale sull’economia mondiale. Come è stato sottolineato più volte, il problema è l’andamento generale del settore moda, non le prestazioni di Prato in sé e per sé, che dimostrano anzi nelle imprese una buona capacità di rispondere alle difficoltà in atto".

Il secondo trimestre è stato segnato al suo inizio dal traumatico annuncio di un aumento molto consistente dei dazi Usa: le dichiarazioni del presidente Trump sono del 2 aprile e le evoluzioni delle sue posizioni, particolarmente oscillanti e talvolta contraddittorie, hanno prodotto da un lato effetti destabilizzanti, dall’altro, almeno per alcuni settori, una corsa ad anticipare ordinativi per effettuare le importazioni prima dell’entrata in vigore - anch’essa variata nel tempo - del nuovo regime. Effetti indiretti sono stati generati anche dai timori di un rallentamento dell’economia mondiale, con i prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime che sono rimasti su livelli moderati. Un ruolo importante è stato giocato, con conseguenze tuttora in atto, dall’apprezzamento dell’euro sul dollaro: +13% dall’inizio dell’anno alla fine di giugno. Una situazione valutaria, quindi, che ostacola l’export europeo verso gli Stati Uniti e di conseguenza la produzione di un’area che annualmente deve ai flussi commerciali verso il paese 800 milioni di euro, pari al 7,6% del totale dell’export delle tre province.

"Nel 2° trimestre di quest’anno le nostre imprese si sono trovate a operare in un contesto peculiare – aggiunge Romagnoli –, ben lontano da quel clima di stabilità che sarebbe sempre auspicabile per favorire la fiducia, gli investimenti, i consumi e quindi la produzione. Il dato italiano relativo alla produzione industriale del periodo non è del tutto certo mancando l’ufficialità per giugno: una stima attendibile lo colloca a -3,8%, risultato piuttosto allarmante che dà la misura di quanto la corrispondente prestazione della nostra area, pur negativa, sia di tutto rispetto. Rimane il problema di fondo di un futuro quanto mai incerto – conclude –: guerre, export rallentato dal supereuro, dazi Usa che rischiano di mettere il freno al commercio internazionale. Sarà un autunno complicato".