CARLO BARONI
Cronaca

La corsa ad ostacoli della scarpa: "Il 2025 denota ancora criticità"

Dati elaborati dall’ultimo report del Centro studi Confindustria accessori moda. L’analisi nell’ambito dell’assemblea di Assocalzaturifici. Le parole di Ceolini. .

Operaio in un calzaturificio (foto di repertorio)

Operaio in un calzaturificio (foto di repertorio)

La crisi si fa sentire. Il settore calzaturiero archivia un primo trimestre 2025, con indicatori che confermano una fase complessa. A dirlo, i dati elaborati dall’ultimo report del Centro Studi Confindustria Accessori Moda illustrati nel corso dell’assemblea annuale di Assocalzaturifici, l’associazione che rappresenta a livello nazionale le imprese a carattere industriale che operano nel settore della produzione delle calzature. "Non si registrano miglioramenti significativi nel panorama economico e geopolitico internazionale, segnali di tenuta ma ancora tiepida la ripresa", evidenzia Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici.

In questi primi tre mesi dell’anno, il comparto ha registrato una flessione del fatturato del -7%, ma l’export, registra con cautela un segno positivo del +2,5% in quantità, contenendo la frenata - un -4,1% in valore. I consumi delle famiglie sono in linea con l’inflazione (-1,2% in spesa e -2,1% in quantità) dovuta all’aumento dei costi energetici.

La congiuntura poco positiva conferma un saldo stabile nella demografia delle imprese (-0,6% fine dicembre scorso) e nei livelli occupazionali dello -0,8%. Analizzando il dettaglio territoriale, tra le prime cinque regioni esportatrici la Lombardia, si conferma in cima alla graduatoria, denota un segno positivo nelle vendite estere (+5,9%) mentre il Veneto (-10,6%) e Toscana (-20,1%, con -24% per Firenze) evidenziano criticità.

Segnano un forte rallentamento tutti i principali sbocchi del Far East: la Cina cede il -17,9% in volume (-27,5% in valore); Hong Kong il -14,3%; la Sud Corea il -18,1%; il Giappone il -33,5% (con un -13,6% in valore). Arretramenti del -8,5% in valore per la Russia e del -4,2% per l’Ucraina. Gli Stati Uniti, pur tenendo in valore (+2,2%) cala nei volumi (-10,6%), a causa delle politiche commerciali e dalla svalutazione lieve del dollaro.