REDAZIONE PRATO

Il dibattito sulla 325: "Visione, logistica e coraggio politico per salvare la Vallata"

Majone (Confartigianato): "Condizione infrastrutturale insostenibile" . Ma sulle alternative alla 325 qualcosa si muove: lo studio con venti ipotesi.

Majone (Confartigianato): "Condizione infrastrutturale insostenibile" . Ma sulle alternative alla 325 qualcosa si muove: lo studio con venti ipotesi.

Majone (Confartigianato): "Condizione infrastrutturale insostenibile" . Ma sulle alternative alla 325 qualcosa si muove: lo studio con venti ipotesi.

Ci sono variabili oggettive, non ideologiche, che definiscono la possibilità di sviluppo di un territorio. Non parliamo di ideali o grandi teorie, ma di fattori concreti e misurabili: accessibilità, servizi, velocità nei collegamenti, attrattività per chi fa impresa o semplicemente sceglie di vivere e restare. Sono fattori basilari. Elementari. Misurabili. Non ideali, ma materiali. Senza questi prerequisiti, ogni altra strategia diventa narrazione consolatoria.

La Valbisenzio – una valle che continua testardamente a resistere, nonostante tutto – è da anni ostaggio di una condizione infrastrutturale insostenibile. La SR325, arteria vitale, è una ferita mai rimarginata. Lo abbiamo detto, scritto, discusso. Abbiamo coinvolto imprese, cittadini, altre associazioni, cercando non lo scontro, ma una visione. Eppure, il tempo passa e il quadro resta invariato.

A questo punto, più che ripetere l’elenco delle criticità, viene da farsi una domanda semplice, forse scomoda. Se la Valbisenzio fosse un’azienda, con questa viabilità, con questa assenza di pianificazione concreta, con questo grado di incertezza strutturale, starebbe ancora sul mercato? E se la risposta è no – come temo – allora dobbiamo avere il coraggio di proseguire nella provocazione: Chi sarebbe chiamato a risponderne? L’amministratore delegato resterebbe al suo posto? Il consiglio di amministrazione approverebbe ancora un piano industriale così fragile? Gli investitori confermerebbero la fiducia? O piuttosto chiederebbero un cambio radicale di passo, di metodo, di priorità?

Il problema, naturalmente, è che la Valbisenzio non è un’azienda. È molto di più. È una comunità, un’economia viva, un tessuto imprenditoriale che si ostina a restare competitivo nonostante tutto. Ma forse è proprio questo il nodo: se un’impresa non può restare sul mercato in assenza di condizioni minime, come può farlo un territorio intero? E non si tratta di colpe personali, né di processi sommari. Ma di un problema più profondo: la politica – pur consapevole delle difficoltà della macchina amministrativa – ha perso la sua capacità di essere determinata e determinante.

La Valbisenzio non chiede privilegi, ma equità. Non rivendica centralità astratta, ma strumenti per garantirsi un futuro. E qui la riflessione si allarga: le aree interne, le zone marginali, quelle che non si affacciano sul casello autostradale o sulla fermata dell’alta velocità, hanno ancora un destino? O sono condannate a una marginalità elegante, che si tollera perché non disturba, ma non si risolve mai perché non conviene?

Il rischio è che stiamo abituandoci a perdere interi pezzi di Paese, pezzi che resistono finché possono, ma che prima o poi si arrendono, perché la distanza dalla decisione si fa siderale. Ma un territorio senza visione, senza logistica, senza coraggio politico non è un territorio. È una cartolina. Bella da guardare, ma fragile e vuota. Chi fa impresa non si rassegna. Chi rappresenta le imprese nemmeno. Ma non può continuare a farlo da solo.

E allora torniamo a chiedere, con voce ferma e senza retorica: questa azienda chiamata Valbisenzio, vogliamo salvarla davvero? O aspettiamo che chiuda i battenti nel silenzio generale?

Davide MajoneSegretario Generale Confartigianato Imprese Prato