
Le fotografie del 19 luglio 1961 raccolte dopo l’appello alla città: da venerdì al 23 agosto un bell’esempio di memoria e cultura condivise. Grazie all’idea di due giovani studiose .
Era una calda mattina di luglio. Nel quarto anniversario della morte di Curzio Malaparte Prato esaudiva il suo desiderio: avere la tomba lassù, in vetta allo Spazzavento, per poter sollevare il capo ogni tanto e sputare nella gora fredda del tramontano. Alla vigilia del 68° anniversario della scomparsa del grande scrittore pratese la Lazzerini inaugura la mostra "In alto, a Spazzavento. Il riposo di Curzio Malaparte", nata da un’idea delle giovani studiose Chiara Mannocci e Diletta Pizzicori: raccogliere immagini di quella storica giornata, grazie a un appello alla città. Prato ha risposto alla chiamata e da venerdì la galleria espositiva della biblioteca racconterà il 19 luglio 1961 con quaranta splendide fotografie selezionate fra le tante raccolte. Sono arrivate dagli archivi di privati cittadini, ma anche dal Fondo Fiondi, donato da Fiorenzo Fiondi, uno dei primi sindaci di Vaiano, e conservato alla Fondazione Cdse, dalla Pubblica Assistenza e dal Fondo Ranfagni, conservato all’Archivio Fotografico Toscano del Comune. La mostra è un viaggio nel tempo, un tributo a Malaparte, un bell’esempio di come condividere memoria e cultura. E’ stata allestita a cura di Giulia Biagioli, sarà inaugurata venerdì alle 18 e si potrà visitare fino al 23 agosto durante gli orari di apertura della biblioteca. Al termine, il materiale raccolto arricchirà il fondo della biblioteca dedicato al grande scrittore.
La salma di Curzio arrivò in città il 21 luglio 1957, due giorni dopo la sua morte e il giorno dopo il primo funerale celebrato a Roma. Fu un lungo viaggio dalla capitale, con il feretro scortato nella notte anche dal sindaco Roberto Giovannini e dall’assessore Pietro Zella, entrambi amici di Curzio. Il corteo funebre arrivò a Prato dopo le tre del mattino. Al casello dell’autostrada c’era una piccola folla ad aspettare: entrò in città scortato dai motociclisti del Comune e seguito da una fila di automobili. Con tutti gli onori fu portato in municipio, che aveva il portone e le finestre illuminate. Le esequie pratesi durarono un intero pomeriggio. La salma venne provvisoriamente custodita nel cimitero di Chiesanuova, all’interno della Cappella Nocchi: c’’era un desiderio da esaudire e Prato con il suo sindaco in testa ci riuscì. L’incarico di progettare il monumento fu assegnato all’architetto Italo Gamberini, lo stesso che anni dopo progettò la sede storica del Pecci: una struttura in pietra priva di orpelli che si fonde con il paesaggio, più simile a un testimone silenzioso che a una tomba celebrativa. Come Malaparte voleva.
Quel giorno di luglio del 1961 non fu semplice impresa arrivare col feretro lassù. "E’ stata un’ascesa faticosa, fatta a rilento: poi, conquistata la cima, tutto è apparso logico, geniale, costituito da un senso di alta spiritualità e di libertà", annotò il cronista della Nazione. Di prima mattina la salma venne portata in corteo dal cimitero a piazza Duomo: il carro funebre della Pubblica Assistenza arrivò davanti alla stazione del Serraglio, dove ad attenderlo c’erano le autorità, poi attraversò via Magnolfi, dove Malaparte era nato il 9 giugno 1898, seguito dal plotone d’onore, dai familiari e dagli amici più cari, in mezzo alle ali di folla che si era radunata per l’evento. I negozi intorno tutti chiusi in segno di lutto. La salma venne deposta davanti all’ingresso della cattedrale, tra gli squilli delle chiarine e i rintocchi delle campane. Il vescovo Fiordelli impartì la benedizione. Poi il viaggio verso lo Spazzavento, in corteo da piazza Ciardi, via Bologna, via di Cantagallo, e poi Figline e Cerreto, con tanti pratesi ad aspettare ai lati delle strade. "Un’organizzazione perfetta", scrisse la Nazione.
Terminata la strada in fondo alle Coste, la parte più difficile del cammino: il feretro fu spostato su una campagnola dell’esercito, seguita a piedi da trecento persone lungo l’impervia salita "su questo monte acuto e bizzarro, aspro e sospettoso, su cui Malaparte ha ostinatamente voluto, detto e scritto, giungere a riposare per sempre".
Nell’ultimo tratto furono i militi della Pubblica Assistenza a caricarsi il feretro sulle spalle. Raggiunta la vetta, le parole del sindaco Giovannini e dell’amico scrittore Armando Meoni. Poi la salma venne adagiata nella fossa sotto il masso di travertino del mausoleo, tra le preghiere e il suono delle chiarine. "Sono le 9.56, il primo colpo di un pezzo d’artificio espolde in aria, poi un secondo, e un terzo, eccheggiando nella fonda valle, annuncia che il pietoso rito della tumulazione di Curzio Malaparte è avvenuto", raccontava la Nazione. Ora le immagini in Lazzerini renderannno ancora più vivo e presente il ricordo di quella memorabile giornata.
Anna Beltrame