
Da domani le grandi opere di Bagnoli, Kounellis, Merz, Paladino e tanti altri. In comodato tre opere inedite, tutte da scoprire. E una sorpresa alla grappa.
Un pannello ci avverte subito entrando in mostra. "Qui, niente segue una misura standard". Arte fuori scala. "Rispetto a chi e cosa?", ci interroga l’architetto Ibrahim Kombarji in videocollegamento da New York mentre al Pecci è in corso la presentazione di "Smisurata", visitabile da domani fino all’8 settembre. Archiviate da tre settimane le mostre su Louis Fratino, Margherita Manzelli e Peter Hujar – alla domanda sui numeri delle presenze il direttore Stefano Collicelli Cagol (nella foto) risponde che "non è il momento di darli, però bene" - il Pecci cala un tris di proposte espositive che si dipanano negli spaziosi ambienti del centro: il piatto forte è "Smisurata" con le opere di 15 artisti selezionati da Kombarji (Marco Bagnoli, Luca Bertolo, Lorenzo Bonechi, Enzo Cucchi, Caterina De Nicola, Karen Kilimnik, Jannis Kounellis, Lorenza Longhi, Mario Merz, Jacopo Miliani, Julian Opie, Mimmo Paladino, Paolo Parisi, Remo Salvadori) che fanno parte della collezione permanente e hanno come denominatore comune il grande formato. Come si legge all’inizio del percorso espositivo, "la scala non è mai neutrale": è un po’ il senso di "Smisurata" che di certo non può essere rappresentativa della totalità della collezione. Un giacimento di opere dai numeri impressionanti. "Si parla di circa 3.500 opere conservate", ricorda il conservatore Stefano Pezzato. Un’occasione dunque per restituire dignità a queste creazioni artistiche, unendo opere storiche a produzioni di recente acquisizione, oltre a tre inediti ricevuti in comodato da collezionisti privati attraverso il Museo Novecento (diretto dal pratese Sergio Risaliti). Si tratta di un’installazione di Jannis Kounellis che colpisce subito per l’odore di… grappa. Oltre mille bicchieri giacciono sul pavimento, riempiti con 72 litri di grappa e poi lasciata evaporare: al centro dell’opera, una serie di lamine di piombo poste l’una sopra l’altra ricorda i volti dipinti in alcune opere da Kounellis, che evocano a loro volta "L’urlo" di Munch. Le altre opere in comodato grazie al Museo Novecento sono "Une ouvrée, une mésure de terre qui donne un portrait bien terrestre" di Mario Merz (presente in mostra anche con "La spirale appare", imponente intervento con cui l’artista si presentò al Pecci nel 1990).
E poi una grande tela di Mimmo Paladino, "Così da vicino" in cui si scorge un volto fluttuante al centro. Prove dunque di collaborazione fra Pecci e Museo Novecento. "Opere che innescano una strategia di condivisione a livello di area metropolitana nel settore dell’arte contemporanea", osserva Francesco Fantauzzi, delegato alla cultura della sindaca Ilaria Bugetti. S’intitola "Davide Stucchi. Light Lights" la seconda mostra che apre i battenti sempre domani, curata da Stefano Collicelli Cagol, che propone sculture ispirate al tema della luce, sottolineandone la leggerezza impalpabile a partire dal titolo. Chiude il tris di mostre l’opera video "La marcia dell’uomo" di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi che entra a far parte della collezione del Pecci grazie a un finanziamento ministeriale: a cura di Elena Magini, l’installazione disposta su tre grandi schermi racconta le repressioni del colonialismo italiano in Africa. "Le nuove mostre estive – sottolinea il direttore Collicelli Cagol - restituiscono la relazione forte che il Pecci ha con la propria collezione, in continuità con il ritorno di "Prato 88" la grande opera di Staccioli di fronte all’ingresso del museo".
Maria Lardara