
Luca Sheng Song, 40 anni, cresciuto a Prato e poi trasferitosi a Milano, ha fondato con il socio Marco Jin, «China Power» Nel 2024 ha fatto 50 milioni di ricavi
LucaSheng. Tutto attaccato. Il nome italiano ("mi chiamava così la bimba dei nostri vicini di casa, quando abitavo a Prato") e quello cinese. In mail si firma così. In fondo è una scelta che mette subito le cose in chiaro: racconta di unione, integrazione, dialogo. Luca Sheng Song, 40 anni, cresciuto a Prato dagli anni Novanta al Duemila dopo essere arrivato con la famiglia dalla Cina quando aveva 5 anni, ha creato nel 2013, assieme al socio Marco Jin, "China Power", società di cui è amministratore delegato. La ’Enel cinese’ (50 milioni di ricavi nel 2024 e quasi 20mila utenze gestite) ha i piedi piantati a Milano, headquarter in zona Porta Nuova e flagshipstore in Sarpi, nel cuore di una delle più importanti chinatown europee. "E’ stata la prima società etnica di vendita di energia e gas in Italia, ma forse anche in Europa", racconta Luca Sheng Song, che negli anni poi è passato dal Bisenzio ai Navigli, ma che a Prato è rimasto molto legato: "Almeno una volta al mese ci torno, ho tanti amici".
Riavvolgiamo il nastro. Torniamo agli anni Novanta, quando arrivò a Prato. "Sì, avevo 5 anni e fino all’adolescenza ho vissuto in città, fino alla prima superiore che ho fatto al Gramsci-Keynes. I miei avevano un laboratorio contoterzi nel settore della pelletteria. Sono nato in Cina, ma la mia madrelingua è di fatto l’italiano. Poi ci siamo trasferiti a Milano, dove ho completato le superiori, mi sono poi laureato in general management alla Bocconi e ho iniziato a lavorare in aziende italiane ed europee. Soprattutto in società di consulenza strategica. La mia famiglia viene dallo Zhejiang: mi sono portato dietro un’eredità culturale incentrata sull’imprenditoria. Lì ci sono persone pratiche".
Oggi China Power è una realtà affermata. Come è nata? "Ho pensato a sfruttare le competenze manageriali europee unendole allo spirito imprenditoriale cinese. Sicuramente una visione un po’ diversa rispetto a quella dei cinesi di prima generazione. Oggi, a 12 anni dalla nascita, siamo la prima società di vendita di energia e gas etnica in Europa".
Servite anche utenze italiane? "La società è aperta a tutti, certo, ma il servizio rispecchia in modo evidente le richieste della comunità cinese. Bollettazione e servizi costumer sono in lingue cinese. Comunque serviamo anche tanti condomini italiani. E’ che gli italiani ci contattano pensando che l’energia costi la metà da noi, non è così in quanto parliamo di servizi essenziali dove i margini sono bassi. Abbiamo un’offerta vincolata al prezzo all’ingrosso del mercato italiano a cui applichiamo un minimo spread, nel massimo della trasparenza. Ma i prezzi sono competitivi: la comunità cinese è molto pragmatica, quindi i prezzi contano tantissimo".
Siete presenti anche a Prato... "A Prato non abbiamo più uno sportello diretto, facciamo tutto online, ma tanti cinesi e aziende si rivolgono a noi. Una volta al mese comunque siamo a Prato. Ovviamente operiamo a stretto contatto con i distributori di rete, Arera e tutti gli altri stakeholder nel rispetto di tutte le normative del settore. Essendo quello energetico un settore regolamentato, in maniera implicita questo ci integra totalmente nell’economia italiana".
Torniamo a Prato. Ha avuto difficoltà ad integrarsi quando studiava qui? "Ai miei tempi c’era una concentrazione minore di cinesi, l’esigenza di sforzarsi a imparare la lingua era minore. E la lingua è un veicolo fondamentale per l’integrazione. Oggi, quando torno a Prato a salutare amici, spesso li vedo anche con italiani, magari dieci anni fa non succedeva. E questo mi fa molto piacere. E noto che la barriera linguistica si sta abbassando come problema. Penso che la nostra generazione e quella futura abbiano una grande reponsabilità: lavorare per il bene comune. Spero che aziende come la mia possano essere un canale per l’integrazione".
Lei è stato anche uno dei fondatori di Uniic, associazione che riunisce le eccellenze imprenditoriali delle nuove generazioni di sino italiani. E oggi ne è presidente onorario. "Sì, è una bellissima realtà nata nel 2012 da un incontro di ragazzi come me. Eravamo una decina, ora siamo in 200 imprenditori, cinesi di seconda generazione, fortemente integrati, diversificati, che dialogano con il tessuto locale. Siamo impegnati con il sociale. Abbiamo ricevuto anche l’Ambrogino d’oro da Sala. Ci sentiamo milanesi più che cinesi. Il mio augurio è che tutti quelli della nostra generazione siano ponte tra due culture bellissime e millenarie, per estrarne il meglio. La diversità una ricchezza: il mix porta al progresso, la storia ce lo dice".
Maristella Carbonin