GUIDO GUERRERA
Cronaca

"Il senso di appartenenza esalta la passione in bottega"

I mestieri della città, il laboratorio in centro storico: lo sguardo dell’orafo Marco Torracchi. La tradizione e la voglia di non mollare. "Piangersi addosso è inutile, meglio sognare".

Marco Torracchi

Marco Torracchi

Il laboratorio dove l’orafo Marco Torracchi lavora sembra quello di un alchimista o di un incisore di epoche passate. Lì si parla un linguaggio senza tempo, quasi ermetico, i cui termini tecnici sono cesellatura, filigrana, incisione fino all’espressione di concetti decisamente misteriosi come fusione a cera persa. La vetrina del negozio è affascinante e attira lo sguardo, ma è il retrobottega a stimolare la curiosità. Viene in mente quel libretto giovanile, scritto per il teatro, di Papa Woytila che si intitola proprio ‘La Bottega dell’Orefice’. Un compendio di riflessioni quotidiane sul senso della responsabilità, che Marco Torracchi sembra possedere assolutamente con il piglio deciso di un comandante che deve portare la propria nave in porto.

Quanta forza occorre in un momento per Prato non proprio esaltante? "Tantissima. Che la situazione sia di un grigio piatto è sotto gli occhi di tutti. Ma piangersi addosso è inutile e poco produttivo. Personalmente me la sono sempre cavata attingendo al mio innato ottimismo unito a uno spirito da sognatore deciso a non arrendersi". La sua è una professione molto probabilmente destinata a sparire. Lui rimane perciò uno degli ultimi orefici in un sistema basato esclusivamente sull’industria di massa… "Credo sia proprio così. Ma proprio questo aspetto legato alla unicità dei manufatti potrebbe essere il segreto della mia sopravvivenza come artigiano in grado di resistere anche in periodi confusi come questo".

In qualche misura può dirsi erede di quella alta artigianalità che fa pensare a epoche antiche, medievali. Ne sente la responsabilità? "Ne sono onorato, sapendo bene che disegnare, dar forma, cesellare un oggetto partendo da zero è sempre impegnativo anche sul piano etico e sociale perché significa dare continuità a un cammino anticamente tracciato. Purtroppo si tratta molto probabilmente degli ultimi sprazzi, retaggio di un remoto passato su cui una città come Prato affonda le proprie radici. Giovani che abbiano voglia di applicarsi e apprendere questo mestiere in modo serio non ne ho ancora incontrati".

Qual è la sua clientela? "E’ fatta di persone dotate di speciale sensibilità e di grande gusto per il bello. In tanti anni di attività tra me e i miei clienti si è venuto a consolidare sempre più un rapporto di fiducia e in qualche caso perfino di vera e propria amicizia. Chi indossa uno dei miei lavori sa bene che si tratta di un pezzo unico e irripetibile: un elemento che di per sé conferisce valore a quell’oggetto così differente da qualsiasi altro fatto in serie".

Torracchi è deciso a continuare nonostante tutto? "Sì, per non deludere me stesso e quelli che credono nel mio impegno quotidiano. Io svolgo un’attività di cui sono innamorato e lo faccio con passione. Lavoro in pieno centro, avvolto in una atmosfera d’altri tempi che parla di storia, di persone semplici e personaggi importanti, ma soprattutto di appartenenza a un territorio che merita di essere nuovamente e nel modo più ampio valorizzato".

Guido Guidi Guerrera