CATERINA CAPPELLINI
Cronaca

Il lavoro precario: "Qui c’è un far west legalizzato e pericoloso. Un problema diffuso"

Il deputato di Avs ha incontrato il presidio oraganizzato dai Sudd Cobas. Grimaldi: "Porterò il caso in Parlamento". Il racconto degli operai.

Il deputato di Avs ha incontrato il presidio oraganizzato dai Sudd Cobas. Grimaldi: "Porterò il caso in Parlamento". Il racconto degli operai.

Il deputato di Avs ha incontrato il presidio oraganizzato dai Sudd Cobas. Grimaldi: "Porterò il caso in Parlamento". Il racconto degli operai.

"Siamo qui da due mesi, abbiamo ottenuto un tavolo di trattativa con i committenti, frutto di settimane di manifestazioni. Ma nell’immediato chiediamo il pagamento degli stipendi e del Tfr: i committenti devono farsi carico di quanto non ha pagato il titolare. Questo lo dice la legge". Sono le parole di Sarah Caudiero, sindacalista del Sudd Cobas, che sintetizzano la battaglia dei lavoratori della San Martino, l’azienda di via Bisenzio che da inizio luglio è occupata dai suoi stessi dipendenti, decisi a difendere il proprio posto di lavoro e i propri diritti.

La vicenda è nota: a fine giugno, in seguito a un sopralluogo dell’Asl, il titolare – un imprenditore cinese – decise improvvisamente di chiudere, avviando lo smantellamento dei macchinari e lasciando i dipendenti senza tutele né salari arretrati. Per impedire il trasferimento delle ultime attrezzature, una decina di operai, in gran parte senegalesi, pachistani e cingalesi, ha dato vita a un’assemblea permanente. Da allora dormono e mangiano nello stesso capannone dove fino a poche settimane prima cucivano capi d’abbigliamento.

Il racconto dei lavoratori restituisce un quadro durissimo. "Il contratto che avevo firmato, a tempo indeterminato, prevedeva venti ore di lavoro a settimana. In realtà facevo quattordici ore al giorno, sette giorni su sette. Ci pagavano da 40 centesimi a un euro e mezzo per ogni capo finito", spiega un operaio senegalese. "Non è solo una questione economica, ma di dignità".

Sulla facciata della ditta campeggia da luglio uno striscione: "Basta chiudi-apri, in assemblea permanente per i nostri diritti". Ieri c’è stato l’incontro con l’onorevole Marco Grimaldi. "È incredibile che nel 2025 ci siano ancora queste condizioni. Grazie al sindacato questa azienda non è stata svuotata, ma ad essere svuotate sono le loro vite. Qui c’è una problematica da quarto mondo. È un far west legalizzato e una situazione diffusa a Prato, non un’eccezione", ha detto il deputato.

Grimaldi ha annunciato l’intenzione di portare la vicenda in Parlamento: "La ministra Calderone deve sapere cosa succede. Troppo spesso si parla di Prato come di un caso a parte, ma non è così. Servirebbero leggi ordinarie che già esistono ma non vengono rispettate, e allo stesso tempo nuovi protocolli e norme speciali per spezzare il caporalismo. Bisogna capire se il sistema produttivo è pronto ad accedere a meccanismi pubblici di reperimento del personale, sottraendosi così alla logica dello sfruttamento".

Accanto alla rivendicazione immediata di salari e Tfr, la battaglia degli operai della San Martino si lega alla campagna "8x5" del Sudd Cobas, che chiede il rispetto di contratti equi, come prevede la normativa. Un confronto con il Comune era stato avviato anche sul fronte delle residenze virtuali – strumento indispensabile per consentire a molti lavoratori stranieri di avere accesso ai servizi e alla regolarità contributiva – ma la trattativa si è interrotta a causa del commissariamento dell’amministrazione.

Il futuro della San Martino resta incerto. Intanto, la vita quotidiana dei lavoratori scorre tra le mura della fabbrica, trasformata in luogo di resistenza. "Chiediamo contratti veri e condizioni dignitose", affermano. La vertenza racconta non solo la crisi di un’azienda, ma la fragilità di un intero sistema economico, in cui lo sfruttamento della manodopera straniera diventa ingranaggio silenzioso. Il rischio, denunciano i sindacati, è che la chiusura di San Martino diventi l’ennesimo caso di impunità.

Caterina Cappellini