REDAZIONE PRATO

Non solo caporalato: "Sfruttamento doppio. Il racket degli alloggi arricchisce gli italiani"

La fotografia di Luca Toscano, anima dei Sudd Cobas. "Sullo sfruttamento sbagliato farne questione di ‘comunità’: ci sono solo padroni e operai" "I proprietari delle case chiedono ‘buone entrate’: soldi a nero che intascano" .

La fotografia di Luca Toscano, anima dei Sudd Cobas. "Sullo sfruttamento sbagliato farne questione di ‘comunità’: ci sono solo padroni e operai" "I proprietari delle case chiedono ‘buone entrate’: soldi a nero che intascano" .

La fotografia di Luca Toscano, anima dei Sudd Cobas. "Sullo sfruttamento sbagliato farne questione di ‘comunità’: ci sono solo padroni e operai" "I proprietari delle case chiedono ‘buone entrate’: soldi a nero che intascano" .

"Il caporalato pachistano esiste, ma non certo da oggi. Quella di Milone è la scoperta dell’acqua calda. Il primo sciopero che ho organizzato era nel 2018 ed era per i diritti di lavoratori pachistani sfruttati da un caporale pachistano in un magazzino di distribuzione nel settore dell’abbigliamento a Reggello. Ma se Prato vuole parlare seriamente di lotta allo sfruttamento allora bisogna cancellare la categoria di ‘comunità’, nel senso di comunità etnica...". Luca Toscano, anima dei Sudd Cobas, non è in vacanza. Ci risponde dal picchetto organizzato a Forlì nella filiera Gruppo 8.

Ha detto che non ha senso parlare di comunità in senso etnico, quando si parla di diritti e lotta allo sfruttamento. Si spieghi meglio...

"Vediamo il cinese che lavora a cottimo per pochi spiccioli senza sosta e magari il suo titolare, connazionale, che gira con la Tesla: che comunità li unisce? Nessuna. La categoria etnica non funziona quando parla dei problemi del lavoro. Ci sono due categorie: operai e padroni. E in mezzo ci sono i caporali. Certo, anche pachistani. La nostra lotta alla Texprint è stata anche contro un caporale pachistano. Lo stesso alla Acca di Seano".

L’integrazione sembra una sfida ancora tutta da vincere.

"Diciamo che l’idea di una non integrazione pachistana è una stupidaggine. Chi parla di mancata integrazione magari non ha mai parlato con un pachistano, o un cinese. La maggioranza dei cinesi vive in condizioni di semi schiavitù. Ma come fai a integrarti?".

Per arrivare a una vera integrazione va risolto il problema dello sfruttamento...

"Esatto. Faccio un esempio. Quando ho iniziato a venire a Prato, era il 2018, in centro non c’erano un pachistano il weekend. Dov’erano? A lavorare come schiavi. Ora se il weekend faccio un giro a Prato incontro solo iscritti miei, perché non lavorano più il sabato e la domenica. E’ una delle conquiste. I cinesi si vedono? No, sono a lavorare".

L’immigrato pachistano arriva sapendo già in quale precisa fabbrica andare a lavorare? E arriva per rimanere?

"Molti sono qui per rimanere, per la maggioranza sono giovani. L’età media dei nostri iscritti è sui 25 anni. Affrontano un viaggio duro, generalmente arrivano dalla rotta Balcanica, ma anche dalla Libia".

Perché Prato?

"Sanno che qui si può trovare lavoro facilmente: siamo uno dei pochi distretti industriali che continua a lavorare, nonostante la crisi. Quindi arrivano in città, cercano lavoro e lo trovano con una certa facilità".

Parliamo della situazione alloggi: c’è un racket degli alloggi?

"La situazione alloggi è pesante e preoccupante. C’è una speculazione enorme da parte dei proprietari italiani e questo è un danno per tutta Prato. Se chi affitta sa che l’appartamento sarà subaffittato a posto letto alza il prezzo anche fino a 1300 euro per poche stanze. E, abitudine purtroppo diffusissima, chiede buone entrate anche di 4mila euro, ma siamo arrivati a sapere anche di buone entrate da 8 mila euro. Sono soldi a nero che vanno nelle tasche dei proprietari italiani degli immobili che speculano sulla difficoltà che c’è per trovare un appartamento. Noi abbiamo invitato a denunciare, ovviamente. Ma purtroppo resta una pratica diffusa. Per forza di cose chi magari ha bisogno di un appartamento per il ricongiungimento familiare, ad esempio, è disposto a pagare anche cifre del genere".

L’appello del procuratore Tescaroli a denunciare ha avuto effetto. Ci sono anche cinesi che si sono rivolti alla procura. Sta cambiando qualcosa?

"Me lo auguro. La via giudiziaria è fondamentale, è fondamentale che lo sfruttatore vengo punito. Per quanto ci riguarda i cambiamenti nelle condizioni di lavoro li abbiamo visti con lo sciopero. Lo sfruttamento è un fatto sociale: lo cambi se hai una forza dentro la fabbrica. A Prato abbiamo chiuso 78 scioperi nel tessile con altrettanti accordi. E sono sempre di più i lavoratori che vogliono scioperare per i loro diritti, soprattutto nelle confezioni...".

Avete iscritti cinesi?

"No. Il motivo è anche questo: a differenza dei pachistani, che vengono a Prato sapendo di trovare lavoro ma non hanno già una fabbrica specifica di destinazione, il cinese arriva indebitato in partenza per lavorare in una specifica fabbrica. E lavora come uno schiavo per saldare il debito col padrone. Sa quante volte ci siamo trovati con lavori cinesi che ci hanno detto: grazie per quello che fate, ma non posso unirmi. Se sciopero anch’io ho paura di finire ammazzato...".

Maristella Carbonin