
Aldo Milone, profeta sui problemi per la convivenza con i cinesi, lancia l’allarme su una nuova consistente fetta di immigrazione "Spaccio di droga, soldi investiti, filature acquistate: urge attenzione".
Aldo Milone, profondo conoscitore del territorio, è stato tra i primi a dare l’allarme criminalità cinese. Da alcuni anni anche l’immigrazione pachistana ha preso Prato come riferimento primario in Italia. "Quando lanciai l’allarme della presenza della mafia cinese a Prato era il febbraio del 1996 in un convegno in Comune alla presenza di diversi imprenditori cinesi. Purtroppo questo mio allarme non venne raccolto da nessuno. E mi riferisco soprattutto al Pd che soltanto dopo circa 30 anni ha compreso il fenomeno. Questa mia “profezia”, definiamola così, era dettata dalla mia esperienza professionale quale ex funzionario di polizia ma soprattutto perchè ho ricoperto l’incarico di Capo del Sisde della provincia di Prato. Adesso, è vero, bisogna attenzionare in generale la comunità pachistana che si sta espandendo in città e nel tessuto economico pratese e alcuni suoi ’capi’, referenti della stessa comunità".
I numeri dell’anagrafe parlano chiaro. "Recentemente La Nazione ha pubblicato un report sul numero dei residenti nella città di Prato. Si è notato che la comunità pachistana è quella che sta crescendo in città. Iniziamo a dire alcune cose. Questa comunità è animata spesso da un integralismo religioso che può portare potenzialmente i suoi componenti anche a porre in essere gesti o azioni da attenzionare sotto il profilo della sicurezza. Inoltre la presenza si sta espandendo anche nel settore tessile con l’acquisizione di diverse filature. Ed offre una vasta manodopera alle imprese cinesi. Elementi su cui accendere l’attenzione: spero che questo mio allarme non cada nel vuoto come è successo con la mafia cinese".
Che fare dunque? "Bisogna assolutamente mettere in campo un’attività di intelligence da parte delle forze di polizia per cercare di capire alcune dinamiche che destano sospetti. Anche l’amministrazione comunale può contribuire con la polizia municipale".
Molti pachistani sono operai in imprese cinesi. Secondo lei esiste un’organizzazione per l’arrivo in Italia e un caporalato per il lavoro sul territorio? "Caporalato? Non vi è alcun dubbio che esista anche perchè un pachistano che arriva a Prato, sa già dove viene collocato come alloggio e dove trovare lavoro... Non credo che esista un ufficio di collocamento regolare dedicato a queste operazioni... Perciò bisogna avviare un’attività di contrasto a questo fenomeno come primo passo per combattere questa forma di illegalità".
Datori di lavoro cinesi, operai pachistani: una saldatura spesso che porta a sfruttamento e a precarietà come hanno dimostrato le battaglie sindacali, le indagini della procura e i controlli del gruppo interforze. "Ho l’impressione che si stia assistendo, momentaneamente, ad un patto di non belligeranza tra la comunità pachistana e quella cinese. Un esempio è costituito proprio da questa strana “alleanza”, cioè datori di lavoro cinesi e operai pachistani. Sono del parere che questo patto non durerà molto e il giorno in cui dovesse saltare, Prato rischia di diventare terreno di scontro tra le due comunità".
Questione alloggi. Molti pachistani vivono in appartamenti in affitto: spesso tante persone in pochi metri quadri. C’è un racket anche del posto letto? "Quello degli alloggi è sicuramente un altro problema soprattutto sotto il profilo igienico-sanitario e di questo si dovrebbe occupare anche l’Asl perchè la promiscuità negli alloggi può comportare la diffusione di malattie oltre a problemi di sicurezza abitativa. Quando ricoprivo l’incarico di assessore nella giunta Cenni, combattere questo fenomeno è stato sempre un mio pallino proprio per le condizioni igienico-sanitarie che potevano creare seri problemi. Noto che buona parte degli alloggi occupati dai pachistani si trovano in centro e sono per la maggior parte vecchi. Non vi è il minimo dubbio che in questi alloggi ci sia una specie di racket del posto letto come del resto avviene anche nella comunità cinese".
Capitolo soldi. Vengono investiti anche capitali in città. Diversi minimarket aperti tra centro e frazioni. È necessario porre attenzione anche ai soldi che arrivano, circolano tornano in madrepatria? "Non vi è dubbio che vengono investiti capitali per aprire minimarket e altri esercizi commerciali oppure per acquisire filature, come è successo recentemente. Però la domanda che bisogna porsi è la seguente: da dove provengono questi capitali? Non mi risulta che dietro ci siano fondi americani che finanziano le operazioni... Sono convinto che una parte dei proventi dello spaccio di sostanze stupefacenti venga riciclato proprio nell’apertura di queste attività economiche. Lo ribadisco per l’ennesima volta, cerchiamo di non sottovalutare. Procediamo a controlli accurati delle loro attività economiche".
I cinesi delle generazioni più giovani possono mettere radici a Prato. I pachistani lavorano qui per restare? E con quali prospettive? "E’ da un po’ di anni che si spera nella seconda e terza generazione dei giovani cinesi. Però vedendo le uscite di questi ragazzi dalle varie scuole pratesi, mi viene lo sconforto perchè ancora vedo gruppi di italiani da una parte e gruppi cinesi da un’altra parte e questo non è un buon segnale. Per quanto riguarda i pachistani nutro forti dubbi che vogliano restare a Prato, sono più propensi a rientrare in patria con un gruzzoletto di denaro che possa permettere loro una vecchiaia senza problemi a casa".
Luigi Caroppo