
La polizia alla Dogaia
Prato, 19 luglio 2025 – Un’ennesima mazzata scuote la Dogaia: ieri mattina è stato rinvenuto il corpo senza vita di un detenuto rumeno di 58 anni, mentre si trovava recluso in una cella della sezione isolamento del carcere. Qui l’uomo era stato trasferito per scontare una sanzione disciplinare, come conseguenza perché il detenuto aveva partecipato alla rivolta andata in scena poche settimane fa, il 5 luglio scorso, proprio all’interno della Dogaia. E lo stesso era stato trovato in possesso di armi rudimentali realizzate in carcere. Un episodio inquietante sul quale sta indagando la Procura di Prato: non si esclude che possa essersi trattato di omicidio, battendo anche l’ipotesi del malore e decesso per cause naturali.
Secondo quanto emerge dai controlli eseguiti dagli investigatori, coordinati dal procuratore Luca Tescaroli, all’interno della camera dove è stato trovato il cadavere, non sono saltati fuori strumenti od oggetti che potessero essere stati usati per attuare un suicidio. In particolare, non sono stati rinvenuti né corde né lacci, mezzi utilizzati spesso dai carcerati per porre fine alla loro esistenza. Un fatto sul quale urge fare chiarezza e che si inserisce in un contesto di grandi tensioni. Come evidenzia lo stesso procuratore che coglie la triste occasione per rilanciare la preoccupazione e l’allarme per quanto accade tra le mura della casa circondariale di via La Montagnola. “All’interno della struttura è emerso un preoccupante ricorso alla violenza da parte di gruppi di detenuti in pregiudizio di altri e una estrema facilità di movimento di chi è ristretto, che si estendono anche alla sezione di isolamento”, scrive. E non solo: Tescaroli evidenzia che vi “continua l’ingresso di stupefacenti” visto che “nella tarda serata di giovedì sono stati sequestrati 5 grammi di hashish divisi in dieci dosi nella camera di sicurezza 198 dell’ottava sezione e di telefoni cellulari” considerato che “dal primo luglio 2024 a oggi ne sono stati sequestrati 44 e altri risultano nella disponibilità dei ristretti”.
Intanto a seguito del sopralluogo effettuato nella camera in cui è stato trovato il detenuto morto “è stato disposto l’esame autoptico da parte del medico legale”. La procura sta, inoltre, vagliando ed esaminando “le telecamere interne dell’impianto di videosorveglianza” con la speranza che saltino fuori dettagli determinanti per “individuare la causa della morte” del detenuto rumeno. Quest’ultimo, tra l’altro, aveva da scontare una pena fino al 24 febbraio 2026: quindi, il 58enne stava iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel carcerario. L’uomo era finito dietro le sbarre per una lunga sfilza di precedenti penali: violenza sessuale, maltrattamenti, calunnia, minacce, lesioni, personali.
Adesso, maggiore chiarezza si attende dall’esame autoptico, mentre il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, come da prassi per tutti i decessi che si registrano nelle carceri, ha sollecitato alla direzione dell’istituto penitenziario pratese una informativa sul caso del detenuto rumeno.
Un episodio sul quale è sicuramente importante fare quanta più luce possibile perché avvenuta in un contesto estremamente difficoltoso per sovraffollamento, carenza di personale oltre che per ingressi incontrollati di sostanze ed oggetti proibiti. Basti ricordare la maxi operazione diretta dal procuratore Tescaroli all’interno della Dogaia tre settimane fa, al termine della quale sono stati indagati diversi agenti di polizia penitenziaria ed alcuni detenuti.
Sa.Be.