SILVIA BINI
Cronaca

Bagarre Museo della Deportazione: "Conti chiari e più peso per Prato"

Cocci (FdI) rilancia il caso sul simbolo di Figline: "La memoria si tutela con la trasperenza, sulle spese solo risposte generiche". Le opposizioni dei Comuni della provincia hanno fatto richiesta di accesso agli atti.

Il museo a Figline è fonte di informazione per studiosi e scuole

Il museo a Figline è fonte di informazione per studiosi e scuole

Un patrimonio di memoria e identità, ma anche una gestione che, secondo alcuni, necessita di maggiore chiarezza. È il senso dell’intervento di Tommaso Cocci, ex consigliere comunale, che riaccende il dibattito intorno al Museo della Deportazione di Prato.

L’esponente di Fratelli d’Italia parte da una premessa chiara: nessuno mette in discussione il valore storico e educativo dell’istituzione, frequentata da studenti e famiglie e riconosciuta come uno dei luoghi simbolo della città. Ma proprio perché si parla di memoria, Cocci invoca trasparenza. "La difesa del Museo, arrivata in questi giorni, somiglia più a un esercizio di retorica che a una vera risposta. Di fronte a domande precise – quanto è costato in vent’anni l’affitto, perché non si è scelta la proprietà, come vengono spesi i contributi pubblici – si preferisce scivolare su giustificazioni generiche. Ma la memoria non si tutela con i giri di parole: si tutela con i numeri alla luce del sole e con la trasparenza verso i cittadini".

Il tema è quello dei costi: secondo Cocci, le cifre spese finora meritano un’analisi più attenta. "I dati parlano chiaro: in vent’anni sono stati spesi oltre un milione di euro solo in affitti. Una cifra enorme, che avrebbe potuto garantire la proprietà di una sede stabile a beneficio dei cittadini. È doveroso chiedersi: perché continuare a spendere soldi pubblici senza costruire un patrimonio duraturo?".

Nei mesi scorsi, il consigliere aveva presentato un accesso agli atti per ottenere dettagli su affitti, incarichi e contributi. "Non ho ricevuto risposta con il dettaglio delle spese. Oggi, decaduto il consiglio comunale di Prato e con il commissario prefettizio in carica, non posso più esercitare direttamente questo diritto. Per questo motivo, i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia nei Comuni della provincia – che sono soci della Fondazione – hanno depositato nei rispettivi enti la stessa richiesta di accesso. È un atto dovuto: ogni Comune ha diritto e dovere di conoscere come vengono utilizzate le risorse del Museo. Vedremo se anche questa volta arriverà il silenzio, oppure se finalmente si sceglierà la via della trasparenza".

Ma non ci sono solo i numeri. Cocci punta l’attenzione anche sugli aspetti istituzionali e sul peso che la città di Prato oggi esercita nella governance del Museo. "Prato, con i suoi Comuni e le sue istituzioni, ha investito moltissimo in questi anni: risorse economiche, dotazioni patrimoniali, contributi tecnici. Eppure, con la recente modifica dello statuto, la guida del Museo si è spostata fuori dal nostro territorio. La sede legale resta a Prato, ma accanto a questa è stata aperta una sede operativa a Firenze. Il presidente non è più scelto dal Comune di Prato, ma designato dalla Regione Toscana. E nel consiglio di amministrazione, accanto ai rappresentanti pratesi, entrano oggi in gioco il Comune di Firenze e l’Aned nazionale con un peso decisivo. Oggi le nomine sono pratesi, ma chi ci assicura che domani sarà ancora così?".

Da qui la conclusione: "Insomma: Prato paga, ma non decide più. Ed è questo che non possiamo accettare. Il Museo è nato qui, grazie agli sforzi di questo territorio, ed è giusto che la voce di Prato resti centrale e non marginale".

Infine, un invito al confronto prima di un appuntamento simbolico per la città. "La memoria non si difende con i silenzi, ma con trasparenza e rispetto verso chi, da questo territorio, ha perso la vita per le sue idee. Prima dell’importante ricorrenza del 6 settembre sarebbe opportuno che tutte le parti coinvolte chiarissero gli aspetti economici di questa vicenda".

Si.Bi.