Prato, 3 agosto 2025 – Nel primo sabato d’agosto i comuni di Prato e Montemurlo si sono svegliati con un’altra novità da tempo nell’aria. Un passaggio dovuto, che arriva ad un anno e mezzo dall’alluvione che il 2 novembre 2023 funestò gran parte della Toscana, ed in particolare Prato ed il suo territorio provinciale con due morti e danni per milioni di euro sia agli insediamenti urbani che a quelli industriali. La procura di Prato, ha chiuso quell’inchiesta dolorosa contenuta in migliaia di pagine con documenti e foto distribuiti in sette faldoni e ha depositato 11 richieste di rinvio a giudizio a fronte dei 15 indagati, come risulta dall’avviso della conclusione indagini del gennaio scorso. Il giudice Marco Malerba ha già fissato l’udienza preliminare per il 19 novembre.

Disastro colposo e omicidio colposo sono i reati per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Matteo Biffoni (avvocati Nicolosi e Denaro), ex sindaco di Prato e per Simone Calamai (avvocato Rocca), il sindaco di Montemurlo ancora in carica. Insieme a loro, la procura pratese ha “esercitato l’azione penale, ritenendoli responsabili, a titolo di cooperazione colposa nei predetti reati, anche gli amministratori e i tecnici che, nei rispettivi enti comunali, erano responsabili in materia di mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico e di protezione civile, ravvisando profili di addebito sia nelle fasi precedenti ai fatti alluvionali, che in quelle emergenziali contestuali ai fatti stessi”, scrive il procuratore Luca Tescaroli.

Tra i nomi per cui è stato chiesto il processo figurano per il Comune di Prato gli allora vicesindaco e assessore alla Protezione civile Simone Faggi, e assessore all’Urbanistica Valerio Barberis, in carica al momento dell’alluvione. Insieme a Calamai, per Montemurlo anche l’assessora comunale alla Protezione civile di allora Valentina Vespi. Nelle richieste compaiono anche i nomi di Pamela Bracciotti e Sergio Brachi (avvocato Bertei), rispettivamente dirigente e capo della Protezione civile del Comune di Prato; Sara Tintori e Stefano Grossi per il Comune di Montemurlo; Fabio Martelli, responsabile del Genio civile Valdarno centrale, e Luca Della Longa, direttore del IV Tronco di Autostrade per l’Italia (a lui è contestato solo il disastro colposo “per aver omesso di adottare provvedimenti di restrizione o chiusura del traffico veicolare nel tratto dell’autostrada A11 adiacente al casello di Prato Est posto in corrispondenza del fiume Bisenzio”).
Richiesta di archiviazione, invece, per Alessandra Casali (Montemurlo), Giuseppe D’Elia (Autostrade), Iacopo Manetti e Nicola Giusti (Consorzio di bonifica 3 Medio Valdarno, difesi dagli avvocati Badiani e Giovannelli). Hanno firmato le richieste il procuratore Tescaroli e i pm Valentina Cosci e Alessia La Placa.
Il disastro di quei giorni causò due vittime: Antonio Tumulo, travolto dalla piena del torrente Bardena mentre cercava di tornare a casa, e Alfio Ciolini, annegato nel salotto della sua casa invasa dall’esondazione del Bagnolo. Un territorio in ginocchio, in cui si ricordano almeno due salvataggi al limite: un honduregno si legò una corda intorno al corpo per attraversare l’acqua in strada e raggiungere un uomo in difficoltà; un cinese di 52 anni finì con l’auto nel Bisenzio giù da una rampa dell’autostrada A11 e rimase aggrappato alla vegetazione finché non lo raggiunsero i soccorsi (l’episodio per cui è indagato Della Longa). L’inchiesta, basata su una perizia tecnica redatta da esperti in idraulica, idrogeologia e geotecnica, e sul supporto investigativo dei carabinieri del Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale (Nipaaf) - si è concentrata sulle cause dell’alluvione, su eventuali ritardi nei soccorsi e mancate manutenzioni dei corsi d’acqua più a rischio.
Sara Bessi