Pistoia, 3 luglio 2025 – Il giorno dopo lo svuotamento del centro di accoglienza, Vicofaro è immobile. Il piazzale davanti alla chiesa di Santa Maria Maggiore è libero, pochissime le persone che passano. Sul sagrato, c’è ancora la scrivania messa da don Biancalani per ricevere i suoi amici e sostenitori e chiunque si faccia avanti per avere notizie.

Restano però i segni di quello che è accaduto. Sotto il tendone davanti alla canonica. E lì c’è di tutto: scarpe, coperte, sedie, tavolini, oggetti sparsi a caso, persino un vecchio cellulare abbandonato e poi i sacchi, dove i piccioni vengono a beccare in cerca di cibo. Ogni ingresso alla struttura è stato sigillato. Oltre 160 migranti hanno trovato accoglienza nelle strutture messe a disposizione dalla Diocesi e si sono “sistemati”, grazie al lavoro costante della Caritas e dei volontari della Fondazione Sant’Atto. Molti stanno iniziando ad abbellire le loro nuove case, per esempio con opere di giardinaggio.
Ieri mattina, poco dopo mezzogiorno, due dei ragazzi che per ultimi hanno lasciato il centro martedì sera, (dopo l’intervento resosi necessario dalla polizia, per liberare definitivamente i locali del dormitorio e della cucina) sono tornati, accompagnati da Piero Bargellini, volontario della Caritas. Chiedevano di poter rientrare, per riprendere i vestiti che avevano lasciato. Gli uomini della questura sempre presenti si sono avvicinati, solo per controllare che la tensione non salisse. Poi Bargellini ha contattato il centro Mimmo della Caritas e ha rassicurato i ragazzi che avrebbe provveduto a far avere loro il vestiario necessario. “Stiamo lavorando giorno e notte – ci spiega Bargellini – i ragazzi ora stanno bene, e sono seguiti”.
Intanto l’organizzazione dell’assistenza dei migranti dislocati nelle cinque strutture si sta definendo e dà conto di un impegno importante messo in campo dalla Diocesi e dalla Caritas. Sono stati assunti 16 operatori formati e dedicati alla cura degli ospiti. A questi si aggiungono i volontari che da giorni stanno lavorando ed hanno permesso le operazioni di trasferimento e prima accoglienza. In tutto il personale conta su 25 operatori che ruotano sulle cinque strutture nelle quali sono stati suddivisi i 160 ospiti in tutta la provincia: tre sono a Pistoia, nella canonica di Capostrada, in via Nerucci nel quartiere delle Fornaci, e in via Gemignani, in zona villa Maria. Altri invece sono stati suddivisi nelle due sedi periferiche: si tratta della casa di Lucciano, sulle colline di Quarrata, e della residenza Il Poggiolino a Larciano.
In questo modo, la Diocesi insieme alla Caritas avrebbe garantito un’assistenza continuativa, 24 ore su 24. In sostanza, i ragazzi non sarebbero mai lasciati soli. Non si tratta però di semplice sorveglianza. Perché, nella seconda fase del progetto, saranno avviati percorsi specifici per accompagnare ognuno di loro verso l’autonomia. Molti dei ragazzi, come aveva più volte sottolineato lo stesso parroco don Massimo Biancalani, infatti hanno già un impiego: nei vivai della piana, ma anche nell’edilizia e nelle aziende del pronto moda al confine con Prato. Per questo, molti avevano espresso la volontà di restare comunque a vivere nella provincia. Un desiderio che ora è stato realizzato, grazie all’impegno messo in campo. E sono già diverse le associazioni del terzo settore che hanno dato la loro disponibilità per fare la propria parte, come Emmaus e Croce Rossa Italiana. Ora, il secondo passo, sarà il possibile coinvolgimento dei servizi socio sanitari, quindi dell’Asl Toscana Centro e del Comune. Un appello lanciato dalla direttrice della Pastorale Sociale della Diocesi, Selma Ferrali.
La risposta dei giovani ospiti è stata in questi giorni positiva. Si stanno tutti ambientando nelle loro nuove residenze e collaborano nella sistemazione dei locali. Qualcuno di loro ha giù espresso la volontà di trasferirsi in affitto, insieme ad altri, dal momento che può contare su un impiego per sostenere le spese.
Martina Vacca