
Il sindaco Pardini alla cerimonia. L’intervento di Simonetta Simonetti (ATVL)
Commemorato ieri l’81° Anniversario della Strage di Farneta, dove le SS nel settembre 1944 rastrellarono e poi uccisero 12 monaci certosini, più 32 civili catturati nella Certosa. "Abbiamo commemorato l’Eccidio di Farneta – ha sottolineato il sindaco Mario Pardini sui social –. Insieme alle autorità, alle associazioni ed ai cittadini presenti, dopo la messa nella Chiesa di Farneta, abbiamo reso omaggio alle vittime ricordando quello che è successo 81 anni fa. Ringrazio tutti i partecipanti e ringrazio chi porta avanti la memoria per le nuove generazioni. Per me è la quarta volta che - da sindaco - partecipo a questa commemorazione, che considero non solo un dovere istituzionale, ma bensì un momento fondamentale del mio mandato da sindaco. Questo perché ho ben chiaro che sul sangue versato 81 anni fa nelle tante - troppe - stragi nazifasciste accadute sul nostro territorio, è poi nata la nostra Repubblica, la nostra Costituzione, la nostra Libertà".
"E se vogliamo davvero rendere omaggio alle vittime innocenti di 81 anni fa, le giornate come quella di oggi hanno un solo fine ultimo: ribadire che quanto successo non accada di nuovo. E questo lo possiamo fare solo se siamo davvero uniti. Uniti, con tutte le nostre differenze, uniti con tutti i nostri tanti punti di vista, uniti con tutte le nostre diverse opinioni, ma uniti - sempre - da una consapevolezza. Quella che non serve creare divisioni nelle giornate in cui non si deve dimenticare quanto successo perché non accada di nuovo".
Molto significativo anche l’intervento della Presidente dell’ Associazione Toscana Volontari della Libertà, Simonetta Simonetti che ha ripercorso i tragici eventi, raccontando anche dell’appoggio ai tedeschi da parte dei fascisti locali. "Il mondo dovrebbe essere così – ha sottolineato – chi ha bisogno va salvato. Questo fecero i Certosini, i parroci, i monasteri che aprirono porte, inventarono ripari, nascondigli, curarono, nutrirono chiunque aveva bisogno del loro aiuto, senza indugio, senza chiedere o chiedersi ma in nome della carità, della solidarietà, valori civici, umani per cercare di difendere chi si trovava ad essere minacciato dalla ferocia nazifascista che in quell’estate del ‘44 era diventata inarrestabile con l’unico scopo: distruggere, annientare. Alcuni dei rifugiati erano persone ricercatissime come il prof. Lippi Francesconi, Giovanni Muraglia, questore di Livorno, il dottor Giannini Podestà di Lucca e l’ing. Modena di religione ebraica".