
Il regista è in città ospite del Lucca Film Festival che martedì li consegnerà il premio alla carriera "E’ una città molto bella, l’ho vista qualche volta di passaggio: è molto cinematografica".
Si è aperto il sipario sulla XXI edizione di “Lucca Film Festival” e tra gli ospiti di eccezione compare il regista e sceneggiatore Gianni Amelio che martedì alle 21, al cinema Astra, riceverà il Premio alla carriera e a seguire presenterà “La tenerezza” (con Renato Carpentieri e Giovanna Mezzogiorno).
Gianni Amelio in questi giorni a Lucca, è la prima volta?
"E’ una città molto bella, l’ho vista qualche volta di passaggio ma soprattutto l’ho vista al cinema, è una città molto cinematografica".
Secondo lei il cinema ha bisogno di sostegno?
"Io allargherei il campo, non è solo il cinema ad aver bisogno di sostegno ma il genere umano e lo troverebbe solo se riflettesse; viviamo in un mondo in cui non è in crisi il cinema ma l’esistenza; io non mi rassegno anche se non ho il potere di intervenire, anche se in realtà vivo la vita e quella degli altri con grande partecipazione".
Con quali occhi guarda oggi a “Il primo uomo”?
"Guardo non con i miei occhi ma con quelli di Albert Camus perché è una storia vera, anche se breve, perché l’autore è morto a 47 anni; è stato molto vicino ai problemi del suo Paese perché lui di fatto era diviso tra due patrie, la Francia e l’Algeria che erano in guerra; da una parte era con il popolo arabo che chiedeva la libertà dal colonialismo e dall’altra era anche francese. Una frase di Camus si rivelò leggendaria: “Io sono con voi, disse rivolgendosi agli arabi, ma attenzione che se lo fate con metodi che possano un giorno colpire mia madre (vissuta ad Algeri, ndr) e le farete del male, io sarò vostro nemico”. Il problema del terrorismo è molto sentito oggi ma lo è stato anche nei decenni passati".
“Il ladro di bambini”: quanto è cambiata l’Italia di poco più di trent’anni fa, e quali sono le zavorre che permangono?
"Guardi, non è cambiata tanto; è cambiata nella forma ma non nella sostanza; il film è un ritratto del nostro Paese visto dalla parte degli sconfitti, degli umili; troviamo due bambini disperati e un giovane carabiniere che vorrebbe fare il suo dovere e seguire l’istinto di giustizia; la facciata oggi è cambiata perché viviamo in un mondo tecnologizzato: si comunica con grande facilità con tutti i mezzi e invece non ci capiamo allo stesso modo: rimangono la povertà, quindi per me l’Italia è ancora quella degli anni Novanta, di quel film".
“La Tenerezza”, è un viaggio tra le difficoltà esistenziali nel rapporto padre - figli da parte del protagonista, ad altri eventi che lacerano per come si impongono: attuale, non crede?
"Non importa che sia attuale, perché io mi pongo il senso che mi trasmette parlando del proprio tempo; è un film sui sentimenti che legano persone vicine in senso di famiglia e persone che invece non fanno parte di un nucleo; anche per ragioni personali, non credo al legame di sangue come privilegiato tra individui; io ho un figlio adottivo e gli voglio bene esattamente come voglio bene ai miei fratelli".
La storia de “Il Signore delle formiche” narra la vicenda di Aldo Braibanti e racconta un mondo che ora non esiste più, quello politico, metafora del bisogno di dire ciò che si ha dentro.
"Non uso quasi mai la parola metafora ma preferisco allegoria perché più semplice come comprensione, la metafora ha qualcosa di simbolico e di oscuro, il racconto allegorico vuole avere una morale più ampia; racconto un caso reale, di grande ingiustizia da ogni punto di vista, sia da parte degli inquirenti che da parte della società; il caso Braibanti è stato un caso di rifiuto della diversità sia da parte degli esseri che vivevano intorno a lui, oltre che dei giudici che lo hanno condannato a 9 anni di prigione senza essere colpevole; si è creato un conflitto che riguardava due modi di vivere e questo ha portato a fare del male".