SARZANA
Cronaca

Il fascino del cervello. Un organo misterioso: "Si adatta al mondo"

Le neuroscienziata Michela Matteoli ospite nella giornata di sabato. Gli eventi traumatici possono cambiare la funzione di alcune aree. Ma per tutta la vita impara, recupera e migliora le funzioni cognitive.

Le neuroscienziata Michela Matteoli ospite nella giornata di sabato. Gli eventi traumatici possono cambiare la funzione di alcune aree. Ma per tutta la vita impara, recupera e migliora le funzioni cognitive.

Le neuroscienziata Michela Matteoli ospite nella giornata di sabato. Gli eventi traumatici possono cambiare la funzione di alcune aree. Ma per tutta la vita impara, recupera e migliora le funzioni cognitive.

di Alina Lombardo

È un organo misterioso e affascinante il cervello. Può modificare struttura e funzione rispondendo e adattandosi agli stimoli ambientali. Per tutta la vita impara, migliora le funzioni cognitive, modifica le connessioni neurali (le sinapsi), recupera i danni da traumi. A queste straordinarie capacità è dedicata la conferenza "Dentro l’invisibile: come il cervello si adatta al mondo", in programma sabato al Festival della Mente, affidata alla neuroscienziata Michela Matteoli. Come esempio di plasticità cerebrale si cita spesso la capacità di un cervello colpito da ictus di recuperare le funzioni compromesse.

Cosa succede concretamente?

"Durante un ictus, si assiste alla morte cellulare dei neuroni, con conseguenze neurologiche che variano a seconda della zona colpita. Grazie alla plasticità cerebrale, cioè la capacità del cervello di riorganizzarsi in risposta a danni o apprendimento, si può avere una riorganizzazione strutturale e funzionale. Già nella fase acuta, le aree vicine o connesse possono tentare di compensare il danno, rimodellando le connessioni neuronali, le cosiddette sinapsi. In questo modo i neuroni non danneggiati si connettono, per tentare di supplire alle perdite. Il potenziamento delle sinapsi continua nell’arco dei mesi o addirittura anni successivi. La riabilitazione - fisica, cognitiva, linguistica - sfrutta la plasticità per ottimizzare il recupero".

La plasticità cerebrale agisce anche sulle "ferite dell’anima" (traumi, perdite, abusi) oppure mente e cervello sono entità separate?

"Non sono entità separate: la mente emerge dall’attività del cervello. Eventi come abusi, perdite o traumi complessi cambiano la reattività e la funzione di alcune aree cerebrali, per esempio l’amigdala e il sistema limbico. Alcune psicoterapie, come la EMDR o la terapia cognitivo-comportamentale ecc., associate a esperienze sicure e autoconsapevolezza, sfruttano la plasticità per creare nuovi percorsi neurali. Con il tempo e l’esperienza, il cervello può disattivare le reti legate al trauma e rafforzare i circuiti legati alla resilienza".

Gli psicofarmaci agiscono sulla plasticità del cervello? Come?

"Sì. Tradizionalmente si pensava servissero solo a riequilibrare i livelli di neurotrasmettitori, ma oggi sappiamo che molti psicofarmaci hanno effetti più profondi e duraturi. Per esempio, gli antidepressivi non solo aumentano i livelli di serotonina nel cervello ma agiscono aumentando la neurogenesi e favorendo la formazione di sinapsi grazie alla produzione del fattore neurotrofico BDNF, un composto che aumenta la plasticità cerebrale. Inoltre, gli antidepressivi possono riaprire una "finestra di plasticità" simile a quella dell’infanzia, rendendo la mente più ricettiva al cambiamento terapeutico, soprattutto in associazione alla psicoterapia".

Si parla spesso di stretto collegamento tra intestino e cervello. In cosa consiste?

"Le molecole infiammatorie prodotte dalle cellule immunitarie residenti nell’intestino o le sostanze prodotte dai batteri che lo popolano, il microbiota, possono arrivare fino al nostro cervello attraverso il nervo vago, o attraverso la circolazione ematica, influenzando il funzionamento dei circuiti neuronali. Basti pensare che l’intestino produce la maggior parte della serotonina, il neurotrasmettitore che è deficitario in alcune malattie psichiatriche come la depressione".

Lei studia il sistema immunitario e l’infiammazione. Esistono comportamenti virtuosi che aiutino a prevenire i processi degenerativi alla base di malattie come Alzheimer e Parkinson?

"Le malattie neurodegenerative hanno una componente genetica su cui difficilmente possiamo agire. Ma oggi sappiamo che queste malattie hanno anche una componente ambientale, rappresentata dall’attivazione del sistema immunitario e dalla produzione di molecole infiammatorie. Su questa componente possiamo agire attraverso comportamenti virtuosi che includono una dieta sana, un corretto ritmo sonno-veglia, la regolare attività fisica e una ricca attività sociale. Lancet Neurology ci dice che il 45% dei fattori di rischio per le malattie neurodegenerative sono prevenibili attraverso corretti stili di vita".

Una battuta sul falso mito che usiamo solo il 10% del nostro cervello?

"Le tecniche di neuroimaging lo smentiscono chiaramente. Tecniche come risonanza magnetica funzionale e PET mostrano che tutte le aree del cervello sono attive a seconda delle attività svolte. Anche durante il riposo il cervello è attivo: esiste una "default mode network" che lavora anche quando non stiamo facendo nulla di specifico. Nessuna parte del cervello è "spenta" o inutilizzata".