NICOLA CIUFFOLETTI
Cronaca

Allarme di Confagricoltura: "Grano, prezzo basso. Produzione a rischio"

Tocchi: "Tariffa di 31 euro al quintale, ovvero la stessa di dieci anni fa. In questo modo si favorisce l’importazione a scapito della qualità".

Attilio Tocchi, presidente provinciale di Confagricoltura

Attilio Tocchi, presidente provinciale di Confagricoltura

Confagricoltura Grosseto lancia l’allarme: "Se la quotazione del grano duro non salirà si rischia di non produrre più la materia prima del piatto tipo dell’eccellenza gastronomica italiana, la pasta". A dirlo è il presidente di Confagricoltura Grosseto, Attilio Tocchi, anche in considerazione del fatto che la Maremma è letteralmente il ’granaio’ della Toscana. Una sirena di allarme questa che sta suonando da molto tempo ma che oggi si fa ancora più forte. A spiegare ciò che non torna, soprattutto a livello di conti è Tocchi.

"Quella del grano duro – dice il presidente provinciale di Confagricoltura – è un’equazione che non torna. Il prezzo di acquisto è lo stesso del 2015, ossia 31 euro al quintale, l’equivalente di due pizze al tavolo o dieci gelati ai listini attuali, mentre, di contro, i costi sono letteralmente lievitati".

Per capire di cosa Tocchi stia parlando basta snocciolare qualche prezzo. Il prezzo dell’urea, uno dei fertilizzanti più utilizzati, è cresciuto di oltre il 146%, il nitrato di ammonio dell’81% e il gasolio agricolo del 42%.

"E’ pur vero – sottolinea Tocchi – che la domanda è inferiore all’offerta, ma questo non giustifica comunque una differenza così macroscopia con conseguente incentivo all’abbandono della coltivazione di questo cereale".

Quale soluzione, allora? Per Tocchi non esiste altra strada che "dare maggiore valore alle nostre produzioni – dice –, altrimenti si rischia il tracollo del grano duro. Al 28 maggio la borsa merci della Camera di commercio di Foggia, la più importante per i cereali in Italia, quotava 31 euro al quintale e secondo i dati Ismea elaborati da Confagricoltura, si tratta della medesima cifra del 2015, mentre nel 2016 toccò il minimo con 17 euro al quintale per poi passare ai 18 del 2017, 19 del 2018 e una lieve crescita fino al 2021; il picco fu raggiunto nel 2022 con 54,6 euro, poi di nuovo una discesa senza fine".

Per gli agricoltori maremmani insomma i tempi sono difficili, ma anche a livello nazionale non è che la situazione sia migliore.

"Già nell’ultimo anno – dice Tocchi – a livello italiano si è registrata una contrazione delle superfici coltivate compresa tra il 6 e l’8%, bilanciata da un valore delle importazioni dai Paesi esteri, di circa 1,2 milioni di tonnellate, capaci di incidere nelle dinamiche di prezzo del grano duro e in palese concorrenza sleale a causa del mancato rispetto degli standard di produzione italiani. Il risultato è sconcertante e va a pesare sulle spalle dei nostri agricoltori il cui ricavato dalla vendita del grano duro non permette neppure di recuperare appieno i costi di produzione".

Per Confagricoltura c’è solo una strada da percorrere per salvare la produzione di una delle eccellenze agricole maremmane e cioè "garantire – conclude Tocchi – un introito minimo al quintale che sia capace di contemplare gli aumenti dei costi di produzione. Il rischio reale è che la pasta italiana sia presto prodotta con soli grani esteri, producendo un danno enorme agli imprenditori agricoli, in primis maremmani, e ai consumatori italiani".