REDAZIONE FIRENZE

Vita da pusher: "Come un vortice. Difficile uscirne"

José, 32 anni, ha venduto marijuana per un periodo "Non trovavo lavoro, dovevo sfamare i miei figli".

Il racconto di un giovane peruviano condannato a 2 anni e 6 mesi per spaccio (foto d’archivio)

Il racconto di un giovane peruviano condannato a 2 anni e 6 mesi per spaccio (foto d’archivio)

Nascondeva la marijuana negli sportelli della cucina. Tra lo zucchero e il barattolo del caffè. Non è mai stato fiero di quello che faceva. Ma doveva mandare avanti la famiglia, in un modo o nell’altro. José (nome di fantasia), 32 anni originario del Perù, ha scelto la via più ’facile’ per guadagnarsi da vivere, quella dello spaccio. "Me ne pento, ma non riuscivo a pagare affitto e bollette – spiega –, e dovevo sfamare mia moglie e i nostri quattro figli".

Due gli episodi che hanno ’incastrato’ il giovane, condannato in primo grado a 2 anni e 6 mesi per traffico di sostanze stupefacenti. "Spesso ho fatto anche da facchino – continua –, portavo la droga a domicilio e prendevo ordini da un pusher più potente. Guadagnavo abbastanza per comprare da mangiare ai miei bambini e coprire le spese".

José ha tentato più volte di smettere e trovarsi un lavoro ’vero’, ma la mancanza del permesso di soggiorno limitava il suo raggio di azione. "Appena sono arrivato in Italia ho fatto richiesta - ci racconta – al tribunale dei minori, avendo figli piccoli a carico. Ma sono passati due anni prima che la mia richiesta venisse processata: nessuno mi assumeva o voleva darmi un impiego, così ho cominciato a vendere droga. Non è stato difficile trovare i contatti e mettersi in ’affari’". In quel lasso di tempo, il giovane ha così tenuto in piedi la sua rete di clienti che lo andavano a trovare in casa per un "acquisto più sicuro". Nella stessa abitazione sono entrati successivamente gli agenti delle forze dell’ordine, che – molto probabilmente grazie a una soffiata – hanno subito individuato la merce e arrestato il 32enne.

"Ci sono tanti come me che vivono in queste condizioni – svela l’uomo –, alcuni miei amici spacciano tra le mura di casa, altri invece bazzicano le Cascine o altri parchi della città. C’è chi arrotonda per arrivare a fine mese e chi ne ha fatto un lavoro. In pochi sono riusciti a non farsi trascinare dentro il vortice della dipendenza, pochissimi ne sono usciti puliti. Ma è un prezzo da pagare di cui sei già a conoscenza quando inizi".

Ora José ha un regolare permesso di soggiorno, un lavoro normale e si è tirato fuori dai guai. "Lo faccio per la mia famiglia – conclude –, non posso rischiare di abbandonarli".

P.M.