STEFANO BROGIONI
Cronaca

Vinci, il verbale dimenticato: "Ebbi una relazione con Barbara. Finì quando rimase incinta"

Giovanni, padre biologico del bambino scampato al killer, interrogato da Vigna nel 1982 "Neanche la Locci sapeva di chi era figlio Natalino". Ma nessuno all’epoca approfondì.

Natalino Mele e l’avvocato Lorenzo Tombelli

Natalino Mele e l’avvocato Lorenzo Tombelli

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Nello sterminato archivio di “Insufficienza di prove“, il blog che documenta con atti d’indagine, articoli di giornale, foto e video la storia dei delitti del mostro di Firenze, cercando Giovanni Vinci spuntano una manciata di verbali. Pochi.

Non risulta alcun atto reso da lui all’indomani del delitto del 1968 a Signa, quello in cui il killer armato di calibro 22 uccise Barbara Locci e Antonio Lo Bianco.

Ci sono invece delle testimonianze e dei verbali di perquisizione dopo il 1982, anno "clou" per la pista sarda, l’ipotesi investigativa che metterà nel mirino Francesco e Salvatore Vinci, amanti della Locci come lo era stato Giovanni, il più grande dei fratelli di Villacidro che oggi, un accertamento genetico ordinato dalla procura, ha individuato quale padre biologico di Natalino, il bambino che venne risparmiato dal mostro in quel primo duplice omicidio.

La scarsezza d’indagini compiute all’epoca complicano non poco il lavoro delle pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, che comunque, alla luce della “verità“ consegnata dall’approfondimento firmato dal genetista Ugo Ricci, dovranno quanto meno reinterpretare alcuni passaggi di una vicenda che ancora presenta tante lacune.

Quando si consumò il delitto di Castelletti, Giovanni Vinci, classe 1933, abitava a Lastra a Signa già da diversi anni. Si era sposato e aveva avuto due figli. Aveva alcuni conti con la giustizia: i carabinieri, in una scheda agli atti, annotano anche un incesto. Ma, ai magistrati, dirà che fu "una congiura" contro di lui per dissidi familiari.

Il 30 agosto del 1982, infatti, i pm Piero Luigi Vigna e Silvia Della Monica lo convocano per la prima volta ("non sono mai stato interrogato ai tempi del processo", disse riferendosi al 1968) per una testimonianza in cui si parla proprio dei suoi rapporti con Stefano Mele e Barbara Locci. "Conobbi il Mele Stefano qundo questi si era già sposato, anzi prima che si sposasse con la Locci Barbara. Conobbi tutta la sua famiglia. Successivamente una sera al bar il Mele Stefano arrivò con una donna, la Locci Barbara, che mi presentò come sua moglie e così seppi che si era sposato. Non rammento bene se quando io conobbi la moglie di Stefano fosse già arrivato in Continente Salvatore o se arrivò dopo. Io iniziai una relazione con la Barbara Locci qualche mese dopo, dopo averla conosciuta. Questa mia relazione durò sin quando la Locci rimase incinta (dunque intorno alla primavera del 1961, visto che Natalino nacque il 25 dicembre, ndr). Anche Salvatore aveva avuto una relazione con questa donna, almeno io credo". Giovanni accennò anche della tresca fra suo fratello Francesco e la donna: "I rapporti erano sulla bocca di tutti e la gente mi diceva che quella storia non andava bene, perché i rapporti della Locci con Francesco non erano riservati e nascosti, ma palesi e chiari".

A nuova domanda sulla paternità di Natalino, Giovanni rispose: "Penso che neppure la Barbara fosse a conoscenza di chi era figlio il Mele Natalino".

Un dubbio, quello dei carabinieri, che si è tramandato negli anni e ha ereditato il luogotenente Libero Ilardi che, lavorando fianco a fianco con il procuratore Luca Turco, nel 2018 (all’interno del fascicolo aperto nei confronti del legionario Giampiero Vigilanti, poi archiviato) suggerì il prelievo del dna a un figlio di Salvatore Vinci e a Natalino. Accertamento che è andato a compimento ben sei anni dopo, perché i carabinieri non avevano mai rintracciato il Mele (che vive in una casa occupata).

Al prelievo del dna di Natalino, avvenuto l’estate scorsa dopo che i Ros lo hanno individuato, si è sommata la riesumazione della salma di Francesco Vinci, il cui profilo genetico si è rivelato utile per il lavoro del genetista di Ricci, che ha dovuto ricostruire l’albero genialogico dei Vinci dopo che alcuni di loro erano ormai defunti (Giovanni e appunto Francesco) o irreperibili (Salvatore)

Nella sua relazione, Ricci conclude: "Gli accertamenti conseguenti unitamente ai dati già presenti in atti identificano Vinci Giovanni quale padre biologico di Mele Natale".