
Alessandro Riccio in scena
L’ira, quella più profonda. È l’Iliade, con Achille, Ettore e Patroclo. Ed è proprio con la morte di Patroclo che tutto cambia. Nelle parole di Omero alla base della nostra cultura, c’è la spiegazione della rabbia e della guerra. Un racconto in versi che Alessandro Riccio leggerà stasera al Teatro romano di Fiesole per la rassegna ‘Iliade un racconto mediterraneo’ che ha già visto Michele Riondino, Tullio Solenghi e Dario Vergassola interpretare le pagine del mito. Riccio, uno spettacolo inusuale per lei. Come sarà ‘La morte di Patroclo’?
"Quando mi ha contattato il regista Sergio Maifredi, mi ha dato libertà. Io non amo le letture, ma questa possibilità di interpretarla mi ha permesso di farla diventare dinamica. Sarà una vera battaglia, tra scope, grucce e angurie. Questo perché la guerra è molto presente nell’animo umano. Dobbiamo perciò giocare alla guerra, come diceva Umberto Eco, così si disseta la parte violenta e la si fa tacere". Questa è una delle scene più drammatiche dell’Iliade.
"È la prima vendetta. Oggi osserviamo il rapporto tra palestinesi ed ebrei ed è una continua vendetta. Lo stesso avviene con Patroclo, Achille ed Ettore".
Un ‘gioco alla guerra’, quindi un ritorno sui suoi passi?
"Credo che, se un artista sa fare una cosa, deve specializzarsi. Io sono capace di ridere di qualsiasi cosa e di sdrammatizzare. Per questo a Maifredi dissi che non mi poteva chiedere una lettura seria. E gli piacque molto". Com’è nata la folgorazione per il teatro?
"Nacque a un compleanno, in seconda elementare. Mentre gli altri bambini erano in salotto a giocare, io andai in cucina dagli adulti. Avevo una salopette e qualcuno fece una battuta. Io risposi e tutti risero. Capii che per essere ascoltato è necessario stare in scena. E ancora oggi mi ritrovo in salopette (o quasi) a divertire le persone".
Tanti gli spettacoli della sua carriera, da ‘La meccanica dell’amore’ a ‘Bruna è la notte’. Alessandro Riccio è tutto questo?
"Lo spettatore deve essere stupito. Non si deve dimenticare che recitare è una sfida e un divertimento".
In scena ha portato ‘H come amore’ sulla disabilità. Quanto è importante?
"Il teatro sociale è molto importante. Come ci insegna Stefano Massini, è capace di aprire la sensibilità dello spettatore in maniera potentissima. Molti genitori mi ringraziarono per come avevamo trattato il tema". Ha sceneggiato ‘Pare Parecchio Parigi’ con Pieraccioni. Com’è andata?
"Siamo persone molto diverse. Lui ha mille idee, spesso scollegate. Io invece sono metodico, faccio gli schemetti. È stato divertente coniugare i due metodi".
C’è la possibilità di rivederla in questa veste?
"Lui me l’ha chiesto. E io gli ho risposto di sì, ma solo se si fanno gli schemetti. E lui mi ha detto: ci penso (ride, ndr)".
Lorenzo Ottanelli