
Il contestatissimo palazzo sorto sulle ceneri dell'ex Comunale (foto Gianluca Moggi/ NewPressPhoto)
Firenze, 28 agosto 2025 – Un ping-pong di mail con pareri, osservazioni e proposte. Mese dopo mese, in quelle carte ha preso forma – almeno a livello burocratico – il progetto del cosiddetto ‘cubo nero’, il nuovo complesso residenziale di lusso sorto sulle macerie dell’ex teatro Comunale tra corso Italia e via Magenta. Il nostro giornale ha potuto leggere alcuni di questi documenti, in particolare quelli riguardanti i pareri della Soprintendenza di Firenze. Spoiler: nelle note dell’ente ministeriale non viene criticato il colore dei pannelli, che già cinque anni fa era stato individuato nel tanto contestato “ottone brunito” (il colore attuale).
In un atto datato aprile 2020 – firmato dall’allora soprintendente Andrea Pessina e dall’architetto responsabile del procedimento – indirizzato a Cassa depositi e prestiti (a quei tempi proprietario del teatro) e al Comune di Firenze, la Soprintendenza avanza dei “motivi ostativi parziali” sul progetto presentato. Il suo parere – necessario per l’autorizzazione paesaggistica (art 146) – contesta la “soluzione progettuale” di tutti gli edifici del complesso, spiegando che l’intervento proposto sui prospetti dell’esterno degli immobili non è “compatibile paesaggisticamente con il contesto d’inserimento, con particolare riferimento al bene culturale contiguo”. Inoltre, continua la Soprintendenza, i “fronti non rispettano le prescrizioni della scheda di vincolo”, al punto che riguarda gli “obiettivi per la tutela e la valorizzazione”.
Queste annotazioni arrivano, si legge ancora, a seguito di un progetto presentato che si discosta in maniera “consistente” da quello proposto precedentemente nel Piano di recupero del teatro in sede di conferenza dei servizi. Nel mirino dell’ente ministeriale ci sono quelli che vengono definiti “elementi peggiorativi dell’involucro esteriore” in “disarmonia con le caratteristiche morfologiche architettoniche proprie del contesto territoriale”. L’edificio A, quello situato tra Corso Italia e via Magenta, che in prima battuta “si ponevano in un rapporto adeguato con la facciata storica (soggetta a vicolo ndr)”, nel nuovo prospetto presentano “più elementi pieni rispetto ai vuoti” – semplificando: più muri che finestre –, assumendo “un aspetto più compatto e impattante nel contesto”.
Anche per gli altri fabbricati viene richiamata la “percezione visiva impattante” dovuta ai volumi troppo pieni. Mentre per i blocchi D, E, F e G, lato che affaccia su piazzetta e corte interna, la Soprintendenza chiede “maggiore sobrietà” anche se in “chiave contemporanea”.
Insomma, le contestazioni dell’organo ministeriale sono tante e non di poco conto. Puntano alla sostanza, allo scheletro architettonico del progetto, soprassedendo su ciò che riguarda colori, rifiniture e materiali. In altri casi, forse, si sarebbe arrivati anche a una bocciatura dei prospetti.
Ma contro ogni tempistica standard, appena quattro mesi dopo, agosto 2020, c’è un nuovo progetto sulla scrivania del soprintende Pessina. La società è cambiata: a Cdp è subentrata la Savills che gestisce il fondo immobiliare “Future Living”, di proprietà della joint venture Hines e Blue Noble, attuali committenti del progetto. La nuova proposta accoglie tutte le osservazioni fatte “all’impaginazione dei fronti”, permettendo così di superare le criticità. C’è quindi il “parere favorevole e vincolante” della Soprintendenza, che detta però delle condizioni: la “scelta dei materiali, degli infissi, delle finiture esterne delle facciate, pavimenti e sistemazioni del verde, illuminazioni e arredi, sia concordata in corso d’opera in cantiere”.
Le stesse indicazioni si leggono anche nell’autorizzazione paesaggistica della direzione urbanistica del Comune di Firenze, rilasciata a settembre 2020. La commissione per il paesaggio di Palazzo Vecchio, citiamo testualmente, “ritiene che l’intervento proposto, per caratteristiche costruttive e materiali usati, sia compatibile con il contesto paesaggistico di riferimento, ponendosi in corretta relazione con lo stato di luoghi”. Di questa nuova versione (ancora) non c’è traccia. Anche se le perplessità che sorgono sono tante. Perché non si è interventi sul colore? E soprattutto, perché sono stati usati materiali così impattanti? Nel 2020, come dichiarato pochi giorni fa da Hines, il progetto è stato definitivamente approvato tramite il rilascio del permesso di costruire. E materiali e colori, tanto contestati negli ultimi giorni per l’impatti con lo skyline fiorentino, sono stati scelti dalle società in una tavolozza esaminata e approvata dalla Soprintendenza.