Firenze, 25 agosto 2025 – Una voce autorevole e schietta, quella di Antonio Bugatti, urbanista, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Firenze e consigliere della Fondazione Michelucci. Con alle spalle oltre quarant’anni di esperienza e un lungo impegno sui temi della pianificazione e dei piani attuativi, Bugatti non nasconde la sua perplessità di fronte al “cubo” bianco e nero spuntato accanto all’ex Teatro Comunale, in Corso Italia. Una costruzione che ha scosso la città, generando dibattito acceso e critiche diffuse. “Quel progetto è sfuggito di mano a tutti – afferma Bugatti – la politica ha le sue responsabilità”. Un giudizio netto, che punta il dito anche sulla difficoltà, a questo punto, di pensare a una correzione in corsa. “Sostituire oggi quei pannelli – spiega – sarebbe un’operazione complessa”. Ma per l’urbanista resta urgente un ripensamento del rapporto tra trasformazione urbana, architettura contemporanea e rispetto del contesto.
Architetto Bugatti, cosa ne pensa di quello scatolone nato accanto all’ex Comunale e che svetta sui lungarni?
“Sconfortante, deprimente. Diciamolo: fa effetto. E ora la situazione è compromessa. La politica ha le sue responsabilità”.
Perché?
“Perché deve fare dei percorsi partecipati sui grandi interventi pubblici e privati. Faccio un esempio?”.
Lo faccia.
“Le Officine Grandi Riparazioni della Leopolda: 53mila mq di cose da realizzare a ridosso delle Cascine. Si tratta di un pezzo di città, e allora ne vogliamo parlare per tempo di quello che si andrà a fare. Vogliamo vedere come sono stati impostati i progetti? Quali sono le linee guida? Manca la regia pubblica e questo è grave”.

Lei dice che manca una regia pubblica, e allora la Soprintendenza cosa ci sta a fare?
“La Soprintendenza è un organo monocratico. Noi lo consideriamo un ente ma alla fine chi decide è una sola persona. Ma a monte ci dovrebbero essere delle linee guida che indichino al progettista cosa fare. Il paesaggio e i tetti di Firenze devono essere messi a sistema di governo delle trasformazioni. Nel caso dell’ex Comunale la Soprintendenza ha prescritto di mantenere solo la facciata del teatro e questo lo trovo assurdo perché quell’immobile non ha più quella funzione. Mi è sembrata, e questo è il mio giudizio personale, una messa in scena, una cosa che non ha senso, ridicola. Le trasformazioni vanno governate, e in quel caso non è accaduto. Come Ordine professionale noi abbiamo il dovere di mettere a disposizione la nostra sede, la nostra conoscenza affinché il dibattito ci sia per tempo e al momento giusto”.
Pessina, a La Nazione, ha detto di non ricordare il progetto “perché durante il mio mandato ho firmato migliaia di atti”. Eppure le autorizzazioni le ha rilasciate lui...
“Ci vuole coerenza nel comportamento. Leggere quelle dichiarazioni mi ha lasciato sconcertato, mi hanno fatto rabbrividire”.
Come si puà conciliare l’architettura contemporanea con una città come Firenze?
“Credo che la contemporaneità debba entrare a Firenze ma bussando alla porta non invadendola come nel caso dell’ex Comunale, un po’troppo a gamba tesa quando invece c’erano tutte le possibilità per evitarlo. Quel progetto è sfuggito di mano a più soggetti”.
Che ne pensa del materiale usato per quel cubo?
“Si tratta di pannelli di alluminio molto usati che hanno alti valori estetici, usati meno per la residenza e più per edifici rappresentativi. È un materiale di impatto ma c’è una gamma di colori che è immensa. Mi chiedo: tra tutti quelli disponibili perché è stato scelto proprio quello lì? Come Ordine faremo in modo che cose del genere non accadano più”.
Infine, secondo lei chi ha avallato quel progetto ne dovrebbe rispondere all’opinione pubblica?
“Bisogna mettere a disposizione di tutti il progetto finale. Se si è convinti di ciò che si è fatto non bisogna aver paura di rendere pubblici i documenti”.