
Cinque nomi per tre deroghe. A Prato offerta la candidatura all’ex procuratore Nicolosi e Siena è contesa
La dead line è fissata al 12 settembre ma le liste, giurano da via Forlanini, saranno ultimate prima con l’imperativo del cambiamento "difficile ma necessario", ripetono come un mantra i big del Pd. Perché "il nostro impegno resta quello di costruire il campo largo, radicato nei territori e collegato a un progetto politico nazionale". E così nell’afa, ormai al termine di un agosto difficile sul piano politico che arriva dopo una conferma sofferta del Giani bis, il segretario regionale dem Emiliano Fossi ha preso il telefono e parlato con tutti gli assessori uscenti che hanno passato il limite dei due mandati.
"Sono i primi a sostenere il cambiamento — spiegano da via Forlanini — e avremo cura di personalità importanti come loro, ma stiamo apprezzando la disponibilità a capire insieme i percorsi, mettendo prima la politica delle proprie ambizioni".
Sul piatto - cosa stranota - ci sono cinque nomi, oltre al nodo fiorentino da sciogliere. Mentre il limite tassativo fissato dal segretario è di un 10 per cento di deroghe (quindi tre al massimo). Lo schleiniano Simone Bezzini, assessore alla sanità (al quale a Siena non hanno intenzione di rinunciare che incassò oltre 13mila voti) ma si guarda con favore al possibile ingresso dell’ex sindaco di Poggibonsi, il giovane Davide Bussagli, il riformista Leonardo Marras all’economia, campione di preferenze (oltre 18mila nel 2020) che il Pd vorrebbe poi schierare come sindaco di Grosseto, la schleiniana di ferro Monia Monni, a capo della protezione civile (8mila preferenze) che però potrebbe anche non correre e entrare direttamente in giunta, e poi i due contendenti pisani, in una città in cui il partito è stato commissariato. Da una parte Alessandra Nardini, assessore alla scuola (area Schlein con 15mila preferenze) molto vicina ad Orlando e dall’altra Antonio Mazzeo, presidente del consiglio regionale, riformista che ne prese oltre 12mila in stretto contatto con Bonaccini. Entrambi fuori o più facilmente entrambi dentro?
Una partita che si gioca in contemporanea a quella su Firenze. Con la sindaca Sara Funaro che non nasconde di sostenere gli uscenti Cristina Giachi e Andrea Vannucci e dall’altra sponda la volontà di puntare sulla candidatura (anche come capolista di Firenze centro) di Jacopo Melio (forte di 11mila preferenze nel 2020). I sindaci - fanno sapere i vertici - hanno un ruolo fondamentale. "Sono decisivi per rafforzare il progetto", in particolare nel capoluogo dove Funaro è "stimata per il lavoro che sta portando avanti". E con lei "c’è piena sintonia". Altro capitolo caldo è il listino bloccato. Per i dirigenti dem il modo di puntare su giovani leve (si parla della vicesegretaria pientina Stefania Lio) che diano aria di rinnovamento ma toglierebbero seggi ai territori. E sempre in tema di candidature c’è da registrare la candidatura, rifiutata, all’ex magistrato di punta dell’Antimafia all’epoca delle stragi e poi procuratore capo a Prato, Giuseppe Nicolosi.
Al di là dei nomi e della quadratura del cerchio (il campo largo toglierà necessariamente seggi al Pd che scenderà a 16-18 rispetto agli attuali 22) ciò che sta irritando, e non poco, il gruppo dirigente (l’asse di ferro Furfaro-Fossi) è il fuoco amico, "colpi bassi - stigmatizzano dal quartier generale - che non hanno nulla a che vedere con la politica" e la cui eco è arrivata da settimane fino al Nazareno dove la stessa segretaria sarebbe più che contrariata, adirata. Ancor più in un momento in cui c’è da fare sintesi tra nuova e vecchia guardia. E da tenere botta agli attacchi multipli per un accordo con i Cinquestelle (con tanto di patto in 23 punti) che in molti giudicano sbagliato, tanto da aver provocato l’uscita di scena di Carlo Calenda dall’area centrista della lista del presidente.
Il mal di pancia, in particolare, è per la posizione del responsabile degli Enti locali, quello Stefano Bruzzesi, che a luglio ha virato sul sì a Giani-bis, e poi ha rotto con Fossi (raccontano di telefonate infuocate) Furfaro e il Nazareno (leggi Taruffi), facendo venire meno un "rapporto di fiducia necessario" tra dirigenti della segreteria, e viene accusato di alimentare divisioni interne nella costruzione delle liste mentre "la Toscana ha bisogno di serietà". Bruzzesi - ex Margherita e già uomo di Lamberto Dini - si dice sull’"Aventino" mentre dal Pd nazionale e toscano ci tengono a far sapere che "la linea non cambia. La segreteria è compatta – dicono i più vicini a Furfaro, uomo forte della Schlein in Toscana –. Non ci faremo condizionare e andremo avanti con il progetto di rinnovamento, prendendoci cura di tutti. Siamo la Toscana che non lascia indietro nessuno, è una regola aurea".
Emanuele Baldi