LINDA COSCETTI
Cronaca

Crollo nel cantiere Esselunga, la scia di tristezza a Ponte di Mezzo: “Qui nulla sarà come prima”

Le vie sono silenziose, il rione avvolto da un’aria pesante. “I residenti pagano caffè sospesi ai soccorritori che lavorano giorno e notte. Siamo orgogliosi”

Crollo nel cantiere Esselunga, la scia di tristezza a Ponte di Mezzo: “Qui nulla sarà come prima”

Firenze, 20 febbraio 2024 – A Ponte di Mezzo, il tempo è scandito da martelli pneumatici e gru che scavano per cercare il quinto disperso nella strage del centro commerciale dopo 90 ore dal crollo maledetto. Da lì dentro arriva un rumore assordante mentre le vie intorno sono terribilmente silenziose. Poche macchine: l’intero perimetro è chiuso al traffico mentre la luce calda del sole di questo strano febbraio illumina ruspe e vigili del fuoco al lavoro senza sosta. A ricordare la tragedia degli operai fiori, bigliettini, palloncini, slogan attaccati ovunque che aumentano con il passare delle ore. Ma in via Mariti, insieme al rumore degli scavatori, si consuma il pendolarismo dell’orrore: i luoghi del dolore che diventano attrazione. Mentre la gente del quartiere si stringe intorno al popolo dei soccorritori.

“E’ pieno di curiosi, vengono qui solo per vedere... vedere chissà cosa ci sarà da vedere. Sembra sia diventata un’attrazione turistica, è assurdo" racconta indignata Stefania Sacchi, proprietaria del bar all’angolo tra via Mariti e via Giovanni da Empoli. Che aggiunge: "Però sono felice nel vedere la partecipazione commossa dei residenti che in aggiunta alle loro colazioni, mi lasciano i caffè pagati per i soccorritori che lavorano giorno e notte. Mi rende orgogliosa vedere la grande empatia del quartiere".

E poi Ludiana, albanese, 26enne, figlia di un muratore immigrato e dipendente del bar Manzoni proprio di fronte al cantiere della morte. Venerdì aveva pianto per quelle vite spezzate: erano suoi clienti abituali gli operai che hanno perso la vita sepolti dal cemento. «Mi sembra domenica oggi – sospira – l’unico giorno in cui non li vedevo. Non mi capacito che sia lunedì. Ogni mattina, facevo sempre un leggero ritardo per aprire il locale e loro mi aspettavano fuori dal bar per la colazione sempre uguale: cappuccino e pasta. Oggi no. Provo una forte malinconia, un senso di tristezza. Vorrei fosse tutto normale, ma qualcosa è cambiato per sempre".

Un via vai continuo, teste affacciate alle reti verdi bucate per vedere cosa c’è al di là del muro. "La tristezza è tanta. Venerdì mattina le sirene delle ambulanze ci hanno accompagnato per tutta la giornata, oggi questo silenzio è rimbombante. E’ atroce pensare che camminiamo per le strade e qua dentro ci sia un corpo, una persona che ancora stanno cercando. Fa venire i brividi, ma siamo impotenti, non possiamo farci niente", commenta Anna Furlanut.

L’intero quartiere è avvolto da una scia di tristezza e afflizione che si protrae da ormai più di novanta ore. "La differenza tra prima e ora è tanta. Quello che mi da fastidio è la speculazione sulla strage. Vengono tutti qui per sapere", commenta l’elettrauto di Via Mariti, Alessandro Pucci. E suo fratello Enzo rincara: "Si respira un’aria pesante da queste parti". E aggiunge: "Lavoro qui da quarant’anni e negli ultimi tempi il quartiere è cambiato molto ma certo morire così è inaccettabile".

Ci sono anche gli ultras della Fiorentina: lo striscione esposto domenica al Castellani di Empoli durante il derby è arrivato in via Mariti, appeso alla recinzione esterna del cantiere. La scritta dei viola recita: "Morire di lavoro non può essere accettato. Ma in nome del profitto tutto è giustificato".

Ma anche a questa latitudine si tenta di tornare alla normalità e c’è chi come Rosamaria Popolizio, con gran dispiacere, cerca di portare il pane a casa. "Siamo tutti molto provati per quanto successo e chi, come me, ha sentito quel boato se lo porterà nelle orecchie per parecchio tempo, ma la vita deve andare avanti e dobbiamo continuare a lavorare".