
Gli operai hanno iniziato alle 7 e alle 11.45 il braccio orizzontale ha toccato terra, era la fase più delicata. I pezzi smontati sono stati portati via nella notte a bordo di autotreni e oggi tocca al tronco .
di Teresa ScarcellaFIRENZENon c’è più la gru più famosa di Firenze. Dopo vent’anni di vertigini che le sono valse polemiche e un pizzico di notorietà social, lascia il prestigioso piazzale degli Uffizi. È stata in parte smontata e rimossa già ieri, primo giorno dei lavori. "S’è sudato freddo" è stata l’esternazione liberatoria di un caschetto giallo nel cantiere. Alle 11.45 il pesante braccio di ferro è accasciato lì per terra, sui sampietrini, poggiato su dei blocchi di marmo. Fino a poco tempo prima sormontava le teste degli operai, una decina, dei passanti curiosi armati di smartphone e i tetti della città.
Un enorme ammasso di ferro - 55 metri di lunghezza a 60 di altezza - per un quarto d’ora ha tenuto tutti col fiato sospeso come può fare un grosso elefante in una cristalleria. Galleggiando sopra le preziose stanze del museo, sospeso e agganciato al lungo braccio dell’autogru da 200 tonnellate arrivata domenica notte. Si è conclusa così una delle fasi più delicate dello smontaggio della ventennale giraffa di ferro, iniziato ieri mattina alle 7.45 e che terminerà definitivamente sabato 21, con tanto di festeggiamenti alla presenza del Ministro della Cultura Alessandro Giuli. Nessuna difficoltà, nessun intoppo: i segni del tempo non hanno complicato l’intervento, così come il meteo ha graziato le operazioni, aspettando che la giornata di lavoro finisse prima di scurirsi e soffiare. Il vento, infatti, era il nemico più temuto e si è dimostrato clemente.
In tre, poco prima delle 8, si sono arrampicati a sessanta metri di altitudine e in sella al grande braccio orizzontale l’hanno attaccato al maxi gancio nel punto preciso affinché non si sbilanciasse con il suo enorme peso, per poi smontarlo dal tronco, che invece è rimasto ben saldato a terra. Tecnicamente i due pezzi metallici sono stati scollegati nel punto della ralla, ovvero la componente che ne consente la rotazione. Un paio di colpi sordi, lì dove le due componenti si incontrano, ed era fatta. Il braccio era libero e sospeso in aria.
A quel punto è toccato spostarlo, lentamente. "Piano..piano" sono state le direttive spassionate di chi monitorava i lavori con i piedi per terra e il naso all’insù.Con una mezza giravolta il lungo braccio ha ’salutato’ la Torre di Arnolfo per poi adagiarsi ai piedi delle Gallerie. "Da qui sembra che sfiori Palazzo Vecchio, è impressionante" sono stati i commenti dei dipendenti degli Uffizi, attenti osservatori della scena affacciati dalle grandi finestre che si aprono sul piazzale dal Corridoio di mezzogiorno, da un secondo piano completamente vuoto di turisti (il lunedì è giorno di chiusura). Ma è solo una questione di prospettiva ovviamente, perché tutto è stato calcolato al millimetro. In quindici minuti l’ammasso di ferro è stato messo giù, per poi essere smantellato in parti e portato via nella notte su autotreni lunghi dieci metri. Oggi e domani toccherà al tronco (o torre) farsi piccolo. Il primo pezzo è stato smontato già ieri. "E’ un momento che Firenze attendeva da molto tempo. Tolto di mezzo il mostro metallico, il volto della città torna intatto e inviolato in tutta la sua sfolgorante bellezza, dopo quasi venti anni" erano state le parole del direttore degli Uffizi, Simone Verde.
Un’operazione lampo, svolta sotto gli sguardi impietriti degli illustri residenti delle nicchie del loggiato, la cui visuale è rimasta a lungo bloccata. "Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno" direbbe Petrarca; "E quindi uscimmo a riveder le stelle" gli farebbe eco Dante.