STEFANO BROGIONI
Cronaca

Attentato al consolato, a casa del giovane: "Mi ha detto ’mamma, scusa’. So che Dani ha il cuore buono"

"Piange alla tv per i bimbi che muoiono a Gaza: forse voleva far qualcosa contro i massacri". Il padre: "Un gesto sconsiderato. La mia consolazione è che non ha sfiorato le persone"

Il Consolato Usa sui lungarni preso di mira dal giovane presunto terrorista di Hamas

Firenze, 5 febbraio 2024 – “Prima che lo portassero via mi ha abbracciato e mi ha detto: ’mamma, scusa’". E’ domenica, anche a casa Moh’d. La mamma, nata palestinese, capelli raccolti nel hijab, attende il ritorno del marito, stesse origini ma passaporto giordano, che ha provato a raggiungere il carcere di Sollicciano con un po’ di vestiti per suo figlio. L’altra notte, in questo appartamento al primo piano di una palazzina appena fuori Dicomano, dove vive Dani, il 22enne accusato di terrorismo, i suoi tre fratelli e i suoi genitori, è passato un terremoto.

"Non me lo sarei mai aspettato - prosegue la mamma, che spalanca la porta e invita ad entrare -, Dani è buono, è bravo, parla cinque lingue, è quello che porta sempre l’allegria in questa casa. Non mi era accorta di niente. In casa si discute della guerra, delle persone che soffrono e dei tanti bambini che muoiono a Gaza. Lui guarda la televisione e piange. Penso che Dani volesse fare qualcosa contro tutto questo. E’ stato ingenuo. Ma lui non è cattivo, ha il cuore buono". E lacrime.

Rientra anche il marito. I vestiti per Dani sono rimasti nelle buste. "Il carcere era chiuso, dovrò tornarci". In questa casa non c’è più un telefono: il capofamiglia ne ha appena comprato uno nuovo. "Ho preso questo apparecchio per parlare con l’avvocato, a casa adesso siamo senza contatti con il mondo". I carabinieri e la digos si sono presi tutto, anche gli smartphone degli altri ragazzi. "Non sappiamo come fare - prosegue il padre del fermato -, purtroppo al giorno d’oggi senza connessione è impossibile. Il registro elettronico della scuola di mia figlia, l’abbonamento del treno dell’altro mio figlio che fa il pendolare con Firenze. E anche l’altro mio figlio, che studia informatica, praticamente ha bisogno del computer tutto il giorno. Spero che ci vengano restituiti al più presto. L’ho detto ai carabinieri: siamo tutti a vostra completa disposizione. Do tutta la nostra piena disponibilità perché ci interessa la sicurezza dell’Italia, il paese dove viviamo e dove sono nati tutti i nostri figli".

Dani, in questo momento, era l’unico che lavorava a tempo pieno. "Siamo una famiglia che, grazie a Dio, sopravvive, anche grazie al suo lavoro. Io sono uno stagionale (lavora in un albergo e fa il traduttore, ndr), lui invece era stato appena assunto in un hotel e si prospettava per lui anche una promozione".

Da sabato notte ad oggi, ha cercato di darsi una spiegazione del perché. O una giustificazione. "La mia analisi è ovviamente di parte, penso che mio figlio, qualora le accuse vengano confermate, volesse in qualche modo partecipare al dolore di centinaia di migliaia di persone ammazzate, non aveva la volontà di fare male a nessuno. Seguiamo come tutto il mondo le notizie da Gaza, parliamo spesso del fatto che muoiono bambini, donne, persone che non c’entrano niente, e non certo i capi. Questa è una cosa che addolora, so che addolora anche i miei amici italiani. Se lo ha fatto, è stato un gesto sconsiderato e la sua unica motivazione, non avendo mirato a persone, sarebbe il voler partecipare al tanto dolore a cui assiste ogni giorno. Una cosa stupida. Ma non ha mai avuto altri legami strani, niente di niente, neanche una rissa fra studenti. E’ un ragazzo che lavora 40 ore settimanali, a tempo pieno, all’estero l’ultima volta è stato quattro/cinque anni fa, una settimana, dai parenti. Non so dove sia il pericolo di fuga: lo valuterà il giudice".

Il colloquio si conclude con una sorta di appello. "Chiediamo compassione. Per la mia famiglia è stata una notizia devastante, arrivata di punto in bianco. Senza avvisaglie. Io ripeto che lui non farebbe del male a una mosca. Quando abbiamo sentito il telegiornale la sorella di undici anni e il fratello che fa l’ultimo anno di liceo hanno avuto la reazione di dire: “Non andiamo più a scuola, cosa diciamo ai nostri compagni di scuola?". Se l’ha fatto, non possiamo mitigare il danno. L’unica cosa che mi consola, in questa devastazione, è che non ha nemmeno sfiorato una persona o un gruppo di persone con l’intenzione di far male".