ENZO
Cronaca

Terra, sangue e paura: storie di 80 anni fa. La Resistenza tra i volti dei protagonisti

Da mesi si ritrovano intorno alla tavola dei buoni piatti e dei racconti: ne nasce un libro che diventa lo specchio di un’epoca e dei suoi eroi

Da mesi si ritrovano intorno alla tavola dei buoni piatti e dei racconti: ne nasce un libro che diventa lo specchio di un’epoca e dei suoi eroi

Da mesi si ritrovano intorno alla tavola dei buoni piatti e dei racconti: ne nasce un libro che diventa lo specchio di un’epoca e dei suoi eroi

Enzo BrogiSiete Liberi? è nato attorno a un tavolo, in un luogo dove si mescolano sapori semplici come il baccalà, il pane con il piacere della conversazione: Circolo Sociale Badiola, a San Giovanni Valdarno. Qui, un gruppo di compagni - cum panis, appunto - si ritrova, da tempo, ogni settimana per condividere cibo, ma soprattutto storie, riflessioni su cultura, politica e vita. Quest’anno, in occasione dell’ottantesimo anniversario della Resistenza, il passo verso la scrittura è stato naturale. Si è parlato di antifascismo e anarchia, di Buianov, di Gino e Armida, dell’Arrapato, di Stucchi Prinetti, come dei fascisti locali e della Panzer division di Göring, dei luoghi iconici come Castelnuovo dei Sabbioni, Laterina o San Pancrazio.

Da lì, il desiderio di raccontare e coinvolgere altri amici. Nasce così il libro per dare voce a storie di lotta antifascista, con la forza evocativa della narrativa. Un intreccio tra memoria, suggestioni e immaginazione, dove la verità documentale si fonde con la verità emotiva, umana, simbolica. Perché raccontare la Resistenza non significa solo ricostruire i fatti: significa restituirne il senso profondo, renderli vivi, comprensibili anche oggi. La fantasia non è una fuga dalla realtà. È uno strumento per illuminarla. Non tradisce la Storia, la potenzia. Le dà respiro, colore, calore. Le vicende dei partigiani escono così dalle pagine dei libri e dalle foto in bianco e nero, per abitare la contemporaneità.

Le licenze narrative permettono di esplorare le paure, i sogni, le contraddizioni e i dilemmi morali di chi scelse di resistere. Di restituire ai protagonisti quella dimensione pienamente umana che spesso sfugge alla cronaca. La narrazione, allora, ha un compito preciso per non snaturare il senso profondo della lotta al fascismo: non manipolare, ma illuminare. Quando ci riesce, il racconto diventa un ponte tra passato e presente. Tra ciò che è stato e ciò che ancora può insegnare.

Il Valdarno, il Pratomagno, i monti del Chianti: sono custodi di memoria, scrigni di una storia fatta di scelte, di coraggio, di umanità. Durante gli anni bui della Seconda guerra mondiale, quando il Paese era piegato dal fascismo e dall’occupazione nazista, quei luoghi diventarono rifugio, resistenza, speranza. Uomini e donne, spesso giovanissimi, scelsero il rischio più grande: dire no. No alla dittatura, alla violenza, all’obbedienza cieca. Sì alla libertà, anche a costo della vita. Da quei volti sporchi di terra, sangue e paura è nato un seme. Un seme che ancora oggi germoglia nei valori che attraversano queste comunità: rispetto, giustizia, solidarietà.

È in quei gesti quotidiani, spesso silenziosi, che si riconosce l’eredità partigiana. Una cultura che non tollera l’indifferenza, che si oppone all’odio, che guarda alla memoria come a una bussola, non come a un fardello. Ricordare, dunque, non è solo un atto di commemorazione. È una responsabilità. Significa chiedersi ogni giorno da che parte stare. Significa educare alla pace, difendere la libertà, coltivare senso critico. Soprattutto oggi, in un tempo in cui nuove terribili ombre sovrastano l’orizzonte.

Questo libro è un’opera corale. Non è una tradizionale ricostruzione storiografica, ma un progetto di memoria collettiva, generazionale e affettiva. Si misura con la nuova ricerca storica, coniugando grandi eventi con le piccole storie personali che li attraversano. Narrazioni che riportano voci spesso dimenticate: partigiani e partigiane, soldati sbandati, operai delle miniere, sfollati, madri e nonni che hanno custodito ricordi come semi da tramandare. Sacchetti, Beccastrini, Giachi, Noferi, i Bigazzi, Torricelli - e il sottoscritto - apparteniamo alla generazione immediatamente successiva a quella che visse la guerra. Le nostre narrazioni, come la grafica di Traquandi, non sono fredde ricostruzioni: sono racconti interiorizzati, ascoltati e maturati nel tempo. Sono le prime voci a tramandare consapevolmente gli habitus resistenziali della Repubblica. A farli diventare coscienza civile.

Accanto a noi, il contributo prezioso di nuove generazioni: Martina Giardi per la cronologia e Silvia Maglione la copertina. La prefazione di Letizia Fuochi impreziosisce l’opera, aggiungendo un ulteriore sensibile sguardo. Questo libro ci piacerebbe fosse uno strumento educativo. Non solo per conservare la memoria, ma per trasmettere una visione del mondo che promuove responsabilità e pensiero critico. Le storie parlano al presente e al futuro. Ci chiedono di guardare all’esempio e al sacrificio di chi ha lottato e ci invitano a non voltare le spalle.

In un tempo in cui la memoria rischia di essere dimenticata o strumentalizzata, questo libro è un atto di cura. Un gesto necessario. Perché la Storia non è fatta solo da chi la scrive, ma anche da chi la vive, la ascolta e la trasmette. E ogni generazione ha il dovere di porsi una domanda semplice, ma fondamentale: da che parte della storia voglio stare. Un mosaico di voci e volti, anche immaginari, dove ogni frammento è parte della nostra storia.