SERENA CONVERTINO
Cronaca

Dal Petrarca all’Ivy League. Natalizi Baldi e l’amore per le lettere classiche

Da Stanford a Oxford passando per Harvard, “ma tornerei in Italia”. La storia di Didier, tre lauree di prestigio e un dottorato di ricerca a 26 anni

Didier Natalizi Baldi, aretino classe ’99, è oggi dottorando di ricerca a Oxford

Didier Natalizi Baldi, aretino classe ’99, è oggi dottorando di ricerca a Oxford

Arezzo, 8 luglio 2025 – L’amore per i classici e per le lingue e letterature antiche. E’ questo che ha guidato Didier Natalizi Baldi, aretino classe ’99, in giro per le migliori università al mondo. Prima Stanford per la doppia laurea poi Harvard per il master e infine Oxford. Un viaggio iniziato dagli Stati Uniti nel 2018 e che continua oggi in una delle più prestigiose università al mondo, quella inglese, dove Natalizi Baldi è oggi studente di dottorato in lingue e letterature classiche. Al liceo Francesco Petrarca, il primo incontro con il latino e il greco, le letture e gli approfondimenti personali. Ma da dove nasce davvero la passione per i classici? “Ho un ricordo limpido di quando ero piccolo: nelle passeggiate del sabato mattina, mio padre mi ripeteva dei versi in latino, di poesia. Un ricordo semplice, ma per me simbolico del fatto che crescere in Italia esponga alla cultura classica in modo naturale, immersivo. Basta guardarsi intorno e leggere le epigrafi sui palazzi. In fondo, la letteratura classica è già nostra: è un’eredità che non possiamo rifiutare”.

Cosa l’ha spinta poi verso l’estero?

“Fin dagli anni del liceo sentivo la necessità di allargare l’orizzonte davanti a me. Ho scoperto la lingua ittita da autodidatta e ho iniziato a leggere e studiare testi per conto mio. Poi, la domanda e l’ammissione a Stanford, in California, dove ho scelto un doppio percorso in Classics ed East Asian Studies. Mi affascinava il confronto tra mondi diversi e per farlo davvero bisogna conoscere bene entrambi”.

Un percorso che negli anni l’ha portata anche in Cina e in Germania…

“Sì. Ho studiato cinese e fatto uno scambio a Hong Kong. La prima estate post Covid l’ho trascorsa a Friburgo per imparare il tedesco su consiglio del mio advisor: una lingua centrale per questo tipo di studi”.

Doppia a laurea con onori a Standford. Greco e latino ma anche lingue e letterature orientali. Ora il ritorno ai classici. Perché?

“Perché è da lì che sono partito. E voglio andare ancora indietro: in questo momento sto studiando la poesia latina preletteraria, in dialogo con la Magna Grecia e i popoli italici. Mi interessa l’idea del principio: capire perché un momento diventa cardine di un processo storico”.

Molti pensano che studiare all’estero sia per pochi. Conferma?

“No. È un falso mito. Le migliori università americane sono disposte a dare agli studenti che vogliono con sé tutti gli strumenti per frequentare”.

Cosa consiglierebbe a chi è curioso di intraprendere un percorso come il suo?

“Di iniziare ad accarezzare l’idea che sia possibile e che ne valga la pena. I primi tempi lontano da casa non sono semplici, ma vivere nelle comunità accademiche può essere un grande stimolo sia da un punto di vista intellettuale che personale. Si fa vita ’di gruppo’, ed è anche per questo che le università stesse non valutano solo cosa sai, ma chi sei. Cosa porti nel micro cosmo accademico”.

Che differenza c’è rispetto all’università italiana?

“Negli Usa ti insegnano presto a fare ricerca, a scrivere. Non c’è tanta enfasi sulle nozioni pure quanto sull’approccio critico. È disorientante all’inizio, ma incredibilmente stimolante”.

Piani per il futuro?

“Dovrei finire il dottorato nel 2027. Vorrei restare nell’accademia, magari per un post-doc. E perché no, se le condizioni fossero favorevoli, mi piacerebbe tornare in Italia”.