
Il primario Pediatria del San Donato Marco Martini: ha salvato il piccolo Giordano
"È un caso che non dimenticherò mai". Il primario di pediatria del San Donato, Marco Martini, racconta la storia di Giordano ancora con emozione. "La porto sempre nei congressi di cardiologia pediatrica, ma non solo per la lezione clinica. Quello che mi ha segnato di più è stato il vissuto umano: la paura dei genitori, l’angoscia dei colleghi, l’incertezza di fronte a un quadro che cambiava di ora in ora. Ogni minuto sembrava una vita intera, ogni scelta pesava enormemente".
Era fine luglio di due anni fa quando Giordano arrivava al pronto soccorso insieme ai genitori, in vacanza nel Casentino. "Sembrava una gastroenterite comune: diarrea, vomito, debolezza. Lo osservi e pensi: una disidratazione, niente di più. Ma già nel pomeriggio il quadro si complicava. E io pensavo: dobbiamo essere pronti a tutto, ogni sospetto diventa urgente". Martini ricorda ogni dettaglio: "Il bambino era sempre più debole, le estremità fredde, sudore freddo, frequenza cardiaca altissima senza febbre. La pediatra di guardia mi chiama e mi dice: ‘Non quadra, vieni a vedere’. Entro in stanza verso le 22.30 e lo trovo quasi assente, respirazione accelerata. Pensavo: questo non è uno shock semplice. Dovevamo capire in fretta, e insieme ai colleghi cercavamo ogni indizio, ogni battito, ogni segnale".
La svolta arriva con un’ecocardiografia: "E lì, sorpresa. Il cuore sinistro ingrandito, che si contraeva pochissimo. Non era più solo disidratazione, era uno shock cardiogeno. Un cuore che pompava male, con poca forza. Dovevamo trasferirlo subito in un centro di terzo livello". L’elicottero di notte non era disponibile: "Giordano parte in ambulanza direzione Meyer. Erano ore decisive, ore in cui ogni minuto contava. Ripenso a quei momenti e dico: se non avessimo agito così, poteva davvero finire male. Ogni metro sull’asfalto pesava come un’eternità".
Dal punto di vista umano, Martini ammette: "Ti rimane dentro. La preoccupazione dei genitori, la tensione, la consapevolezza che il destino di un bambino era nelle tue mani. Non sei solo un tecnico, sei accanto a loro, speri, soffri, respiri insieme. Ti guardi intorno e vedi colleghi che corrono, mani che lavorano, occhi che cercano risposte. È un’esperienza che ti segna per sempre".
Quella notte, su quell’ambulanza, c’è l’infermiera Katia Fracassi: "Giordano era piccolo, in condizioni critiche. Durante il trasferimento in ambulanza è stato uno dei viaggi più difficili della mia carriera. In mezzo al traffico siamo letteralmente volati al Meyer. Giordano resterà sempre nei nostri cuori, e con lui quella notte che non dimenticheremo mai".
Oggi, sapere che Giordano sta bene restituisce a medici e infermieri della pediatria del San Donato la più grande gratificazione: un ricordo indelebile che unisce competenza, coraggio e umanità, e che testimonia quanto la dedizione e la prontezza possano salvare una vita in pochi istanti.
Gaia Papi