GLORIA PERUZZI
Cronaca

"Cara moglie, mi mancano i tuoi baci". Vittorio e Bernardina: lettere e paura

Lui nel gelo della Russia, lei incinta e a casa con il figlio. "Questo è il tempo della felicità desiderata" 300 epistole, poi il silenzio. "Dove sei? Mi sembra di diventare matta". La verità terribile solo 50 anni dopo.

Soldati durante la ritirata di Russia

Soldati durante la ritirata di Russia

"Cara mia moglie; (...) chredo pure che sarai molto avvilita e appasionata pensando quanto bene si volevamo esi volemo esi voleremmo per l’avvenire (...) pensando cuando eravamo gli in quel delisioso letto assieme bracciati con legambe in crociate che si stringevano e si baciavamo stringendosi assieme con tutta felicità". Udine, 12 maggio 1940: soffiano già venti di guerra in Europa e Vittorio, poco più che ventenne, è richiamato alle armi. Scrive alla moglie con la grafia incerta, le frasi spezzate, che rivelano più di ogni proclama politico: l’assenza, il dolore, la nostalgia che divora. È il linguaggio acerbo di un ragazzo lontano da casa, che cerca rifugio nei ricordi del corpo della donna che ama, che si confessa con candore e senza veli. Bernardina, a casa con il figlio Natalino, risponde pochi giorni dopo. La sua calligrafia trema come il suo cuore: "La tua povera moglie dopo pochi mesi che seabiamo sposati si dovevamo lasiarsi tuto quel bene che noi due si volevamo (...) che cosa sira dime se sento dire che il mio marito sono partito per la quera tiagiuro dinansi a dio che io divento mata".

In quelle righe non c’è spazio per la retorica del regime. C’è la voce di una giovane sposa che, incinta di un altro figlio, teme ogni giorno la notizia che non vuole ricevere. Sono quasi trecento le lettere che Vittorio Binotto e Bernardina Casarin, entrambi di Santa Giustina in Colle, un paese in provincia di Padova, si scambiano tra il 1937 e il 1943 e fanno parte dell’epistolario "Questo tempo della mia felicità desiderata", titolo ripreso dalle parole che Vittorio scrive quando scopre che Bernardina è di nuovo incinta: "... solo questo mi voleva in questo momento (...) per essere felice anche in guera...". Frammenti di quotidianità che attraversano i fronti più duri: l’Albania, la Grecia, e infine la Russia. Vittorio combatte tra i reparti alpini travolti nel fango e nella neve delle montagne del fronte greco-albanese percorre l’interminabile steppa dal Don all’Oskol nel gelido inverno russo del 1942-43. E, Bernardina, lo attende stringendo tra le braccia i figli, aggrappata a un filo di speranza.

La loro corrispondenza racconta un amore assoluto, ingenuo e carnale, fatto di promesse e di desideri. Vittorio non nasconde il tormento della lontananza, si confida sulle notti di astinenza, chiede alla moglie un ‘ricordo’ da tenere stretto al fronte. Bernardina, pudica ma non meno passionale, gli risponde che nessun sollievo solitario potrà mai sostituire l’abbraccio vero. Sono righe che oggi commuovono per la loro autenticità: due semplici ragazzi travolti dalla Storia, che difendono con la scrittura la loro intimità. Eppure la guerra si insinua tra le vite, crudele e spietata. Il 6 gennaio 1943, in Russia, Vittorio scrive la sua ultima lettera. Intorno a lui la ritirata del Don si è trasformata in catastrofe. Promette un paio di scarpe nuove a Bernardina per la Pasqua, parla ancora di futuro. Poi scompare.

Bernardina continua a scrivergli, disperata: "...mi sembra di deventare mata… che senon divento paza io non diventa pazi nesuno che piango giorno e note...". Le sue parole non troveranno mai più un destinatario. Vittorio è disperso. Nel ’95, con l’apertura degli archivi sovietici, si scopre che Vittorio è morto in un campo di prigionia l’11 febbraio 1943. Resta il carteggio che ci consegna la voce di un’intera generazione. Giovani strappati alla vita e gettati in una guerra che non comprendevano.

Non c’è lieto fine per Vittorio e Bernardina, ma il loro amore sopravvive nelle lettere, nei biglietti stropicciati, in quelle parole imperfette, bramose d’amore, che ancora oggi raccontano la forza di un sentimento più grande del tempo e della guerra.