ATTILIO BRILLI
Cronaca

"Dietro i mattoni apparve la Madonna del Parto". Tra i capolavori difesi e salvati dalla guerra

Clarke curò la Resurrezione, un luogotenente ne riscoprì i colori e poi si spinse a Monterchi. Oltre la calce protettiva l’opera di Piero .

Clarke curò la Resurrezione, un luogotenente ne riscoprì i colori e poi si spinse a Monterchi. Oltre la calce protettiva l’opera di Piero .

Clarke curò la Resurrezione, un luogotenente ne riscoprì i colori e poi si spinse a Monterchi. Oltre la calce protettiva l’opera di Piero .

Brilli

La scorsa domenica 27 luglio, una trasmissione televisiva assai seguita a livello nazionale ha narrato la storia del miracoloso salvataggio della Resurrezione di Piero della Francesca nell’estate del 1944, in occasione del passaggio del fronte in Valtiberina. Il salvataggio era avvenuto grazie all’amore per la lettura di un giovane ufficiale di artiglieria, Tony Clarke, il quale comandava una batteria che stava prendendo a cannonate Sansepolcro ancora in mano ai tedeschi. Non c’è bisogno qui di narrarla di nuovo, tanto è nota nella città che a suo tempo ha conferito all’ufficiale britannico la cittadinanza onoraria.

Merita invece raccontare le testimonianze concernenti le vicende occorse, nello stesso periodo, ad altri esemplari del prezioso patrimonio artistico di Arezzo e della sua provincia. All’incirca un mese dopo il passaggio del fronte, l’8 settembre, giungeva nella città di Piero il luogotenente americano Frederick Hartt accompagnato dallo storico dell’arte Mario Salmi e dal funzionario della Sovrintendenza alle antichità e belle arti Ugo Procacci, con il compito di svolgere indagini sullo stato delle opere pierfrancescane del museo e, in particolare, dell’affresco della Resurrezione di cui non si avevano notizie. Valente studioso dell’arte italiana del Rinascimento, Hartt era reduce da Arezzo dove aveva effettuato una ricognizione degli affreschi con la Storia della vera croce nella chiesa di San Francesco. Per quanto se ne sapeva, essi erano tutt’altro che al sicuro sotto un tetto talmente sconquassato da non assicurare alcuna protezione. Le figure di Salomone e della Regina di Saba, quelle di Costantino e di Massenzio con i loro vessilli, le insegne e gli splendidi colori erano in balia della pioggia e del vento. Nel corso dell’ispezione, Hartt aveva preso nota anche della distruzione dell’elegante chiostro della Badia progettato da Giuliano da Maiano, nonché della copertura della chiesa il cui "complesso sistema di volte e di campate si stava impregnando d’acqua".

Aveva inoltre preso atto della perdita di parte della preziosa collezione di maioliche conservate nel Museo d’arte medievale e moderna a causa della negligenza del direttore. Dopo un viaggio costellato di continui intoppi, saliscendi e varianti dovute alla sistematica distruzione dei ponti, compreso quello storico sul Tevere, Sansepolcro, la città di Piero, gli apparve in pessime condizioni. I cacciabombardieri alleati avevano infatti distrutto i mezzi tedeschi parcheggiati fuori delle porte della città, bloccandole, e avevano devastato i vicini moderni quartieri. Le incursioni aeree avevano colpito anche diverse case medievali del centro storico, mentre i tedeschi in ritirata avevano fatto saltare in aria la grande torre che si trovava al centro della principale piazza cittadina che ora risultava invasa da un cumulo di macerie alto più di tre metri. In tanto sfacelo, l’affresco della Resurrezione risultava comunque salvo e assolutamente indenne.

Le parole con cui Hartt descrive il modo in cui si svolse la verifica sono più che eloquenti e rivelano tutta la tensione del momento. "Il custode del Palazzo comunale ci aprì la porta della sala principale e ci mostrò l’affresco con il Cristo risorto in tutta la sua distaccata maestosità", scrive Hartt nella sua relazione, "e noi, colti da profonda commozione, contemplammo la trionfale figura centrale nella luce dell’alba, pacata come una statua, le spoglie colline alle spalle, le nuvole bianche e grigie sullo sfondo. Ai piedi del portentoso evento si stagliavano i centurioni dalle armature azzurre e color lavanda e i mantelli rossi, immersi nel greve sonno dell’ignoranza".

C’era a questo punto un’altra opera delle cui condizioni prendere visione, lo splendido polittico con la Madonna della Misericordia che comunque rifulgeva perfettamente integro nei bui scantinati del Museo dove era stato riposto per sicurezza. Nello scomparto centrale, la figura di Maria apparve agli astanti simile ad un imperturbabile idolo orientale, indifferente ai tragici eventi dei quali le giungeva l’eco dal mondo di fuori. Dopo aver imboccato la via verso Arezzo, Hartt e i suoi accompagnatori fecero una deviazione per raggiungere Monterchi dove prendere visione dello stato in cui si trovava la Madonna del parto, altra grande opera di Piero. La narrazione dell’ufficiale americano non è meno sorprendente e piena di commozione nel descrivere il modo in cui gli apparve la madre del Cristo risorto. Ed effettivamente si trattò di una vera e propria apparizione, perché fu sotto i suoi occhi e quelli dei suoi accompagnatori che, nella cappellina del cimitero, si procedette a demolire la tamponatura di calce e mattoni che era stata eretta a protezione dell’affresco.

Allorché cadde l’ultimo mattone, dalla nuvola di polvere emerse in tutto il suo remoto splendore la pensosa fanciulla vestita d’azzurro, senza degnare di uno sguardo gli astanti, assorta nel destino della creatura che portava in grembo. Con la ripresa dei viaggi, le opere di Piero, in particolare la Madonna del parto e la Resurrezione sarebbero diventate il simbolo di un paese che risorge dalle macerie della guerra e scopre la sua antica vitalità.