
In un volume di Lina Guadagni Trzuskolas le vicissitudini dell’affresco che ha superato vicende che ne hanno messo in pericolo l’integrità.
Santori
Sulla Madonna del Parto è stato scritto di tutto e di più: mancava ancora tuttavia una storia ragionata e debitamente documentata delle vicende che il celeberrimo affresco ha attraversato nei secoli, col rischio continuo di andare perduto, con la contestuale constatazione di tutto quello che è effettivamente andato perduto per sempre. A colmare la lacuna e chiudere definitivamente la questione ecco ora, fresco di stampa, un bel volume dal titolo significativo: "Salva per miracolo – Le straordinarie vicende storiche della Madonna del Parto" di Lina Guadagni Trzuskolas (Editrice Icona).
Il libro sarà presentato oggi alle 18 nella casa di Piero della Francesca in occasione della giornata internazionale dei musei.
L’autrice che negli anni 1992-93 ha vissuto quotidianamente le fasi del restauro dell’affresco, ha collaborato come esperta storico-artistica alla realizzazione del documentario "La Madonna del Parto e la Leggenda della Vera Croce" del regista Alessandro Perrella ed è stata per alcuni anni direttrice dei musei civici Madonna del Parto e Museo delle Bilance.
Il volume non poteva non partire da una ricognizione delle vicende storiche del territorio di Monterchi e dal culto della maternità e della fertilità che si è continuato in loco nei secoli a partire dal mondo etrusco e anche dal precedente perché quelle colline erano abitate fin dal paleolitico proprio per le caratteristiche ambientali, ricchezze di sorgenti e di fiumi. Una delle cose piuttosto nuove che la Guadagni è riuscita a ritrovare, e comunque a divulgare, è intanto il documento che attesta il distacco dell’affresco dal muro nel 1786 durante la costruzione del cimitero, taglio resosi necessario poiché la chiesa era in parte crollata.
Il grosso del libro è la descrizione accurata e puntigliosamente documentata dei momenti di massimo rischio per la salvezza dell’opera. Uno è stato quello della peste di Monterchi, un evento straordinario, il più acuto in tutta la Valtiberina, che portava normalmente alla ridipintura delle chiese con la calce, per cui nelle chiese collinari sono andati perduti innumerevoli affreschi, anche di notevole valore. Altro momento di altissimo rischio i terremoti che hanno colpito a più riprese Monterchi, con un picco in quello del 1917 che rase al suolo il paese e miracolosamente lasciò indenne la Madonna perché era stata tagliata dal muro e staccata da Domenico Fiscali nel 1911. La Guadagni documenta, sul retro dell’affresco, la scritta apposta dal Fiscali.
Miracolosamente salvata dalla peste e dal terremoto, la Madonna corse tuttavia il pericolo più grave della sua storia secolare col passaggio del fronte quando Monterchi, che si trovava sulla Linea Gotica, venne bombardata. E le cannonate degli alleati che procedevano da sud erano già arrivate sulla fiancata di Citerna, sovrastante il cimitero e la cappella.
L’affresco si trovava infatti ancora in paese perché il tentativo di Mario Salmi e Ugo Procacci di portarlo via nel luglio del 1944 era fallito. L’intenzione era quella di metterlo al sicuro probabilmente nel Museo di Arezzo, ma i cittadini si opposero perché, stravolti dagli eventi tristissimi del terremoto, non volevano assolutamente essere privati anche della Madonna. La Guadagni ricorda un gustoso episodio: alcune donne sparsero la voce che erano venuti due tedeschi travestiti a portar via la Madonna. Accorsero dai campi i contadini con zappe e forconi, da Mercatale operai e artigiani con randelli e per i due studiosi sarebbe finita molto male se i Carabinieri, prontamente intervenuti, non fossero riusciti a rimetterli malconci sul camion, che i facinorosi avevano tentato di rovesciare.
Sulla vicenda nacque una canzoncina popolare sull’aria di "Firenze sogna" che finiva con l’esortazione al custode della Madonna: "Si arvien quei musi neri, falli secchi cor una trave!".
La Madonna infatti fu collocata nella casa di un privato, Giovanni Mariani, e se fu miracolosamente salvata, è merito del custode che partì a piedi per raggiungere il fronte e avvertire che non si trattava soltanto di distruggere un cimitero, ma di distruggere un’opera importantissima di Piero della Francesca. L’ultimo salvataggio è stato il restauro del 1992 che ha consentito di mettere l’opera in sicurezza una volta per tutte e di procedere al restauro di cui aveva veramente bisogna.
Oggi si parla di riportare l’affresco dall’ex scuola divenuta museo all’ambiente e alla luce originali, di cui peraltro non è rimasto più nulla perché la modifica del 1956 ha completamente stravolto tutto facendo passare l’orientamento dal lato est quello nord. La collocazione è un problema spinoso. E per ora la Madonna rimane nella scuola-museo, dove almeno per il lato est verso Città di Castello è in aperta campagna con conseguente godimento del paesaggio. La Guadagni giustamente invita l’amministrazione ad aprire una porta e consentire ai visitatori di andare nel giardino e di sostare nei terrazzamenti di Palazzo Massi. Anche sotto il profilo dell’esposizione bisogna che la Madonna recuperi la sua spazialità e la sua luce originale, ovvero che possa essere ammirata, oltre che da vicino, anche inserita in un ambiente il più possibile vicino a quello studiato da Piero che teneva in grandissimo conto i rapporti fra spazio e luce. Un piccolo scoop del libro è la sottolineatura del rapporto dei vari punti delle aree sacre con la costellazione di Cassiopea: la famosa forma di W.
Sappiamo quanto gli antichi guardassero il cielo e venerassero le stelle: ogni qual volta iniziavano una costruzione importante il riferimento era sempre al cielo (così in cielo come in terra, recita il Pater Noster). E il W di Cassiopea d’inverno noi si vede all’incontrario per cui diventa la M di Maria: è una conferma della sacralità di quel piccolo lembo di terra.