
Rita Baroud, autrice di un diario che racconta la guerra a Gaza
Gaza, tra macerie e coraggio: è qui che inizia la storia di Rita Baroud, 21 anni, studentessa di lingue, autrice di un diario che racconta la guerra e la vita sospesa nei campi profughi della Striscia. La sua voce, nata tra bombe e fughe forzate, arriva oggi fino a Pieve Santo Stefano dove venerdì 19 settembre riceverà il Premio Tutino Giornalista 2025, consegnato da Gloria Argelés.
Il premio, istituito dall’Archivio dei Diari in memoria di Saverio Tutino, celebra chi porta la verità con coraggio e dedizione. Rita, unica testimone evacuata di Gaza rimasta fino all’ultimo, ha raccontato la sua esperienza: "Dopo il terzo giorno di guerra mi chiedevano video da La Repubblica, ma non ero pronta. Quando Sami al-Ajrami è uscito da Gaza, ho sentito il dovere di parlare io, di non interrompere il racconto in diretta. Scrivere mi ha aiutato a esprimere i sentimenti: non è un lavoro, è un dovere di dire la verità". L’incontro in piazza Plinio Pellegrini sarà arricchito dalle voci della psichiatra palestinese Samah Jabr e dei giornalisti Marianna Bruschi, Giulia Ciancaglini e Fabio Tonacci, con traduzione di Paule Roberta Yao.
Sarà un momento di confronto intenso e diretto, dove esperienze personali si intrecciano con analisi profonde, per comprendere meglio il valore della testimonianza giornalistica nelle situazioni di conflitto e crisi umanitaria. Al tempo stesso, è un’occasione per riflettere sul ruolo dei giovani nel giornalismo: trasformare esperienze personali in racconto pubblico, affrontare la complessità della verità e portare la testimonianza dove spesso manca, senza cedere a superficialità o retorica.
Il Premio Tutino Giornalista non è solo un riconoscimento: è un invito a osservare il mondo con occhi attenti, a raccontarlo senza compromessi, a difendere la verità come strumento di coscienza e di giustizia. Rita Baroud "incarna la passione che animava Saverio Tutino: il giornalismo come responsabilità morale, civile e sociale, e la forza di chi, nonostante l’esilio, non smette di raccontare la propria terra, la propria gente, la propria verità", spiegano gli organizzatori.
La sua storia è un monito, un "invito a guardare oltre le cronache quotidiane e a dare voce a chi spesso non ha possibilità di parlare. In un mondo dove le informazioni possono essere filtrate e manipolate, la testimonianza diretta diventa preziosa, e Rita Baroud dimostra come la parola scritta possa essere al tempo stesso strumento di denuncia, memoria storica e speranza per le nuove generazioni". La giovane giornalista porta con sé la consapevolezza che raccontare non è solo informare, ma anche creare ponti di empatia e comprensione tra culture e popoli lontani, facendo sentire Gaza vicina a chi ascolta e legge le sue parole.
Gaia Papi