
Andrea Focacci (il secondo da destra) insieme al padre Vittorio, al fratello Francesco e al bagnino Enrico Tedeschi, con i patini da salvataggio nelle zone alluvionate
Marina di Pietrasanta (Lucca), 19 giugno 2025 – Il fango, le urla, la violenza dell’acqua. Era il 19 giugno 1996 quando un temporale di proporzioni eccezionali si abbatté sull’Alta Versilia, travolgendo anche le frazioni di Cardoso e Fornovolasco. Oggi, a distanza di 29 anni, Andrea Focacci, all’epoca 23enne, ripercorre per noi quella giornata che non potrà mai dimenticare.
Andrea, dove si trovava quel giorno?
"Ero al mare, al nostro stabilimento balneare, il Bagno Liù a Fiumetto, Marina di Pietrasanta. Era brutto tempo, sì, ma niente di eccezionale. Sul litorale, era solo una giornata uggiosa, nulla che potesse far pensare a quello che stava per succedere. A un certo punto prendo la macchina per andare a Pietrasanta e lì, subito prima del centro storico, incontro i ragazzi della protezione civile, che mi fermano. Non si poteva proseguire oltre. Io faccio parte di un’associazione di volontariato, la Croce Verde, così accosto e mi unisco a loro”.
E dove è andato?
"A Pontestrada, una frazione di Pietrasanta, un piccolo borgo dove le case sono sotto il livello stradale. Il fiume Versilia aveva già rotto gli argini in via Torraccia, a pochissima distanza da quella manciata di abitazioni. In pochi minuti, mi sono ritrovato con l’acqua al petto, in balia di una corrente violentissima. Eravamo in cinque e, a nuoto, abbiamo salvato una ventina di persone, quasi tutti anziani. Cercavano di salvare l’oro, i ricordi, piangevano, urlavano 'portateci via'. I mobili sbattevano contro i muri e l’acqua saliva. Ma noi, formando una catena umana, abbiamo salvato quelle persone, che avrebbero rischiato di rimanere intrappolate. Ogni volta che penso a quei momenti, mi vengono i brividi”.
E poi?
"Torno al bagno, esausto, e vedo passare un camion con sopra mio padre Vittorio, mio fratello Francesco e un altro bagnino, Enrico Tedeschi, che lavorava al bagno accanto. Sul mezzo avevano sistemato due patini da salvataggio. Il loro intento era chiaro. Non ci ho pensato un attimo e mi sono unito subito a loro per tornare a Pietrasanta. L’acqua era ancora più alta, la corrente più forte. Servendoci dei patini abbiamo evacuato altri anziani. Li abbiamo aiutati a scappare. Erano terrorizzati, non dimenticherò mai quei volti".
C’è un episodio che non scorderà mai?
"In quel piccolo borgo sotto il livello della strada un’anziana signora non voleva mettersi in salvo. Aveva messo i sacchi di sabbia davanti alla porta e alle finestre e diceva: 'No, io non vengo via'. Poi, all’improvviso, non l’ho più vista. Mi sono tuffato sott’acqua a cercarla. A un certo punto, sento una mano che mi afferra la caviglia. Era lei. Mi ha abbracciato strettissimo. Un anno dopo ci siamo rivisti: mi ha abbracciato ancora più forte e mi ha detto: 'Ecco il mio salvatore'. Io le ho risposto che avevo solo fatto il mio dovere. E’ stata davvero una grande emozione”.
In totale quante persone avete salvato?
"Circa una trentina. Il riconoscimento più grande è arrivato l’anno dopo, quando sono tornato nel borgo e tutte quelle persone mi hanno abbracciato stretto stretto. Mi sono sentito così in imbarazzo che non ci sono più tornato...”.
Qual è il ricordo più vivido che si porta dietro?
"L’odore dell’acqua, il freddo, le grida di chi chiedeva aiuto. E la sensazione che in quei momenti non c’è spazio per la paura. La paura arriva dopo, quando ripensi a tutto. Dopo, sono rimasto quaranta minuti sotto la doccia per cercare di riprendermi. Ma lì, in mezzo all’acqua gelida e potente, non pensi a niente: solo a salvare le persone".
C’è qualcuno che le piacerebbe ritrovare?
"Sì, uno dei soccorritori. Mi disse: 'Stai vicino a me perché non so nuotare'. Nonostante questo si buttò a salvare la gente. Non so nemmeno come si chiamasse. Ma eravamo insieme, a Pontestrada. Sarebbe bellissimo incontrarlo di nuovo".
Com’era la situazione a casa sua?
"La nostra casa di famiglia a Pietrasanta era piena di fango. Ci siamo rialzati spalando e rimboccandoci le maniche. Ricordo tantissimi volontari arrivati da fuori, anche dal Trentino. Gente venuta giù in treno, armata solo di un badile. Quanto è bello il mondo del volontariato. Ha un cuore enorme. Ed ogni volta che accade una tragedia lo dimostra”.