
La perdita di potere d’acquisto degli umbri pesa anche sui consumi e sull’intero sistema
Perugia, 8 maggio 2025 – I numeri parlano chiaro: l’Umbria è la regione con la peggior performance in termini di variazione reale del
red dito Irpef medio pro capite nel quinquennio 2019-2023. Un primato negativo che mette a nudo la fragilità dell’economia regionale nel post-Covid. Ma la fotografia scattata dall’Istat con il rapporto BesT 2024 racconta anche altro: un territorio dove, nonostante tutto, si continua a vivere meglio della media nazionale grazie a servizi pubblici, scuola, cultura e coesione sociale.Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il reddito complessivo Irpef per contribuente in Umbria è cresciuto in valori nominali del 10,8%, contro il +13,9% della media nazionale. Ma è quando si considera l’inflazione che emerge la vera caduta: in termini reali, il calo è del 3,7%, oltre tre volte la media italiana (-1%). Una perdita secca di 865,5 euro pro capite in potere d’acquisto. Si tratta della variazione peggiore tra tutte le regioni italiane. In confronto, la Basilicata ha guadagnato il 2,3% reale, seguita da Molise (+1,8%), Calabria (+1,6%) e Abruzzo (+1,5%). Altre sette regioni hanno almeno recuperato i livelli pre-Covid, ma l’Umbria resta in coda alla classifica: un disastro. Il quadro peggiora quando si guarda al reddito dei lavoratori dipendenti. In Umbria, tra il 2019 e il 2023, il calo reale è stato del 10,7%, a fronte di una media nazionale del -4,5%. Nessuna regione ha fatto peggio.
A fronte di un reddito medio di 25.734 euro nel 2019, i lavoratori umbri nel 2023 si sono ritrovati con 25.454 euro, considerando il potere d’acquisto attuale. Va meglio, invece, ai pensionati: in Umbria i redditi da pensione sono cresciuti in termini reali dello 0,9%, sopra la media nazionale (+0,5%). Una piccola boccata d’ossigeno che rende meno negativo il quadro complessivo, ma non basta a invertire la tendenza. Non si vive però solo di reddito. In Umbria sono attive 156 strutture culturali tra musei, monumenti e aree archeologiche, il 3,5% del totale italiano. Le biblioteche pubbliche e private sono 119, presenti nel 67,4% dei comuni. I servizi online comunali per le famiglie sono tra i più avanzati d’Italia: il 61% dei comuni gestisce digitalmente almeno un servizio, contro il 53,6% nazionale. Per invertire la rotta serve puntare su innovazione, giovani, capitale umano. Le fondamenta ci sono, ma il tempo stringe. E il benessere, da solo, non paga le bollette.