
Il vertice che si è svolto ieri nella sede di Confcommercio per cercare di fare il punto sulla crisi del payback sanitario in Umbria
Ieri era la data che per molte aziende umbre e italiane di fornitura di prodotti sanitari, rischia di segnare il punto di non ritorno. Se il Mef non concederà il rinvio chiesto con urgenza dalle associazioni di settore scatta infatti il pagamento previsto dal payback sui dispositivi medici, il meccanismo di politica sanitaria che, in caso di superamento del tetto di spesa regionale, impone alle aziende fornitrici di questi dispositivi di contribuire a ripianare parte dello sforamento dei tetti che le Regioni stanziano per questi prodotti.
Il mancato accoglimento da parte del Governo degli emendamenti sulla franchigia di 5 milioni e sul dilazionamento di pagamento chiude nella maniera peggiore per le aziende un contenzioso che dura da anni, con ricorsi al Tar e alla Corte Costituzionale da parte delle associazioni per far riconoscere l’illegittimità del provvedimento e una pressante azione verso le istituzioni nazionali e regionali per attenuarne almeno la portata.
"Le soluzioni prospettate in sede di trattativa presso il Mef – spiega Paolo Palombi, presidente di Asfo Associazione Fornitori Ospedalieri Umbria, aderente a Confcommercio - sono state completamente disattese, mostrando totale disinteresse per le esigenze delle pmi del settore, che rappresentano il 95% del totale. L’esborso generalizzato è insostenibile per moltissime piccole aziende, mettendo a rischio la loro sopravvivenza, la salvaguardia dei posti di lavoro e le forniture stesse”.