Firenze, 11 giugno 2025 – Cambiamento climatico, calo dei consumi interni, pochi giovani disposti a investire in agricoltura e una struttura produttiva ancora troppo frammentata: sono queste le sfide che oggi mettono alla prova uno dei settori chiave dell’economia regionale, ovvero l’agroalimentare.

A fare il punto è stato il panel “Le dinamiche della filiera agroalimentare toscana: scenari evolutivi, sfide e opportunità”, ospitato a Palazzo Strozzi Sacrati nell’ambito di Agrofutura e moderato dal giornalista Simone Arminio, coordinatore del canale digitale economia di Quotidiano Nazionale.
Il comparto toscano vale quasi 4 miliardi di euro di export, con un’incidenza del valore della filiera del 5% sul totale nazionale. Ma tra le ombre più evidenti c’è la scarsa diversificazione dei mercati esteri: il 42% dell’olio toscano e il 33% del vino sono destinati agli Stati Uniti. Un dato che, se da un lato conferma il prestigio del made in Tuscany, dall’altro espone il sistema a rischi di dipendenza da pochi mercati. Per i rossi toscani a denominazione, il 70% del valore è concentrato su soli cinque Paesi.
“La Toscana – ha sottolineato Marco Lazzeri, responsabile Agri Banking di Bper Banca – ha anche asset preziosi: un’azienda agricola su tre è guidata da una donna, e c’è una generazione di giovani nativi digitali pronta a innovare. Le banche devono accompagnarli con strumenti dedicati. Bper mette a disposizione sul territorio tre Centri impresa e supporto consulenziale attraverso la rete di filiali”.
“L’agricoltura toscana è tra le più innovative d’Italia – ha spiegato Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma – con il 14% delle imprese che ha introdotto innovazioni negli ultimi anni, contro l’11% della media nazionale. Ma è un settore ancora frammentato, sotto pressione per i costi crescenti e gli effetti del cambiamento climatico”.
In Toscana, 7 aziende agricole su 10 hanno attivato un agriturismo, il doppio della media nazionale (38%), proprio nel tentativo di integrare un reddito in calo. Un’altra criticità è il ricambio generazionale: solo il 7% degli agricoltori toscani ha meno di 35 anni, contro una media nazionale già bassa.
E anche per questo “la Toscana – ha aggiunto Sara Turchetti, ricercatrice di Irpet – ha perso più aziende e superficie agricola di molte altre regioni. Le imprese rimaste sono altamente professionalizzate, ma chi vorrebbe proseguire spesso non ce la fa. Abbiamo agricoltori anziani e nessun ricambio generazionale. La redditività limitata, la scarsa dimensione economica e l’abbandono delle aree interne rendono difficile immaginare un futuro per chi è pronto a investire”.
Ha sottolineato l’importanza della formazione Massimo Vincenzini, presidente dell’Accademia dei Georgofili: “Solo il 7% delle aziende agricole italiane ha competenze tecniche certificate, contro il 37% della Francia. La sfida è culturale: dobbiamo cambiare la percezione dell’agricoltura, renderla un settore strategico e qualificato”.
A chiudere il panel Michele Conti, sindaco di Pisa e delegato nazionale Anci per l’agricoltura. “I Comuni – ha detto – possono giocare un ruolo decisivo nella valorizzazione del patrimonio rurale, sostenendo imprenditoria giovanile, recupero delle terre incolte e filiere locali. È anche attraverso il turismo enogastronomico che il made in Italy può raccontare i territori”.