
Il fantino ha dedicato il successo alla sua Ilaria, al figlio Mattia e all’Oca. "Io nella parabola discendente della carriera? Non ci credeva neppure chi lo diceva"
Siena, 4 luglio 2025 – Concentratissimo. Occhi stretti come sempre quando Tittia è al top. Così è entrato in Piazza sul soprallasso, girandosi costantemente indietro a controllare come si comportava Diodoro. Era un pizzico agitato. Sentiva la pressione del debutto. Ma quando il mossiere l’ha data buona è volato sul tufo come un veterano regalando al sardo-tedesco l’11esima vittoria che gli consente di raggiungere il mitico Tabarre che li conquistò fra il 1888 e il 1895, inseguendo ora Trecciolino (che ha lanciato Tittia) a quota 13 e il ’re’ Aceto a 14.
Una vittoria da assoluto protagonista di questo Palio.
"Sì, ho lavorato tantissimo questo inverno, convinto di poter fare bene. E’ venuto, fra virgolette, tutto facile".
Tittia ha sofferto per le Carriere non vinte?
"No, perché ho sempre dato anima e cuore. Purtroppo il destino ogni tanto si mette di traverso. Però quando capita l’occasione giusta non ci si tira indietro".
Una rivincita o un’ennesima conferma?
"No, nessuna rivincita. Corro sempre contro me stesso, amo questo lavoro e la città. Non c’è bisogno di rivincite per nessuno, la rivincita è sempre mia".
Undici successi, il record di Aceto è più vicino.
"Dal settembre 2002 sono a Siena, mi sono sempre dato tantissimo da fare. Senza fermarmi. Sempre alla stessa maniera. E voglio arrivare lontano, come ho sempre detto".
Qualcuno aveva detto che Tittia era nella parabola discendente della carriera.
"Ma sai, questo è il bello del Palio. Penso che alla fine anche chi lo diceva non ci credeva. Mi sono sempre sentito a posto con me stesso".
Diodoro lo conoscevi bene ma era un esordiente. Cosa ti ha convinto di lui?
"Diciamo che ero convinto di Giovanni. Il giorno della tratta avrei forse voluto fare altre scelte. Invece il destino mi ha mandato nell’Oca dove il rapporto viene da lontanissimo. Era sempre al debutto, un filono sempre acerbo. Un grande galoppatore ma tutto da scoprire. In questi quattro giorni è cresciuto ma mi sono convinto nell’ultima mezz’ora che potevo vincere".
Un cavallo nato alla tua scuderia, lo conoscevi bene.
"Sì è da me, però dico la verità: l’ho conosciuto veramente stasera (ieri, ndr) durante il palio".
Quinto posto al canape: temevi di restare strizzato al momento della partenza?
"Dico la verità, paure non ce n’erano".
Mai temuto che qualcuno potesse recuperare, nonostante il vantaggio?
"No, no. Ero troppo determinato".
Durante le prove Tittia è rimasto sempre nelle retrovie.
"Un cavallo giovane, ho preferito fare piano. Tanto nelle prove la velocità della sera del Palio non la raggiungi. Quindi ero convinto di come si poteva comportare, così è stato".
Quattro vittorie nell’Oca, la Contrada dove hai conquistato maggiori successi.
"Qui mi sento a casa, mi sanno prendere sempre nel modo giusto. Sono stati cinque giorni in famiglia, massima armonia. Serenità. Qui viene tutto più facile".
Per concludere la dedica.
"Va alla mia famiglia, a Ilaria perché mi segue in tutto e per tutto, la prima va a lei. Poi a mio figlio che mi dà sempre la spinta, ai miei genitori, alla mia famiglia, a quella di Ilaria. Siamo una squadra unica. I ragazzi di scuderia che mi danno consigli giusti e mi spronano per arrivare al massimo il giorno del palio. E all’Oca, gli devo tanto".
Tittia junior può fare il fantino come il padre?
"Io sono per il ’no’"