MARIO LOMBARDI
Cronaca

San Galgano, meraviglia senza fine: “Rendiamo visibile l’invisibile”

Ripresi gli scavi attorno all’Abbazia a caccia di nuovi reperti: a condurle c’è un team di dodici archeologi. Portata alla luce una cittadella monastica. Il coordinatore Valenti: “La conoscenza del medioevo aumenta”

Un momento di una vista al cantiere di scavo archeologico (a sinistra) attorno all’Abbazia di San Galgano (a destra)

Un momento di una vista al cantiere di scavo archeologico (a sinistra) attorno all’Abbazia di San Galgano (a destra)

Firenze, 19 giugno 2025 – Dalla villa romana di Aiano a San Gimignano a quella di Pieve a Bozzone a pochi chilometri da Siena; dagli scavi che riportano alla luce spazi di vita e condivisione intorno all’abbazia di San Galgano a quelli che hanno abbagliato il mondo scientifico a San Casciano dei Bagni, dove sono riemersi dalle acque termali del Santuario Grande i bronzi votivi degli Dei. Con l’arrivo dell’estate ripartono le campagne archeologiche disseminate un po’ ogni dove in provincia di Siena, terra di ricchezze culturali stratificate nelle varie epoche. Se a San Galgano stanno riemergendo le tracce di ciò che ruotava intorno all’immaginifica abbazia senza tetto (dagli spazi per i laici a quelli del refettorio), a San Casciano dei Bagni si continua a indagare su quell’intreccio tra mondo etrusco e romano che ha disegnato nuovi spazi di interpretazione sul dialogo tra culture e mondi diversi. Una storia che ha già affascinato le Scuderie del Quirinale e il Museo archeologico nazionale di Caserta - dove i bronzi senesi hanno dialogato con quelli celebri di Riace -, ma che presto varcherà anche i confini nazionali: dal 5 luglio alla James Simon Gallery di Berlino si aprirà la mostra sui ’Bronzi di San Casciano-Una sensazione dal fango’ che si protrarrà fino al 12 ottobre. In attesa del rientro finalmente a casa, forse nel 2026, quando si completerà il percorso per l’allestimento del museo a San Casciano nell’ex palazzo dell’Arcipretura, acquistato dal ministero della Cultura. Un’occasione di rilancio culturale e turistico di un’intera area geografica.

Sono ripresi da qualche giorno gli scavi archeologici all’Abbazia di San Galgano, nelle campagne di Chiusdino in provincia di Siena, dove proseguiranno fino a luglio, per poi, dopo una pausa estiva, ripartire il 15 settembre e concludersi il 3 ottobre. A guidare le attività un team di dodici archeologi provenienti da tutta Italia, sotto la direzione di Stefano Bertoldi e Alessandra Nardini, con il coordinamento di Marco Valenti, professore di Archeologia medievale all’Università di Siena. I primi scavi avvenuti nell’area di San Galgano risalgono al 2019 e già da allora è emersa la consapevolezza, da parte degli studiosi impegnati nel cantiere, che il complesso monastico fosse molto più esteso e articolato di quanto si pensasse. «Stiamo rendendo visibile l’invisibile», afferma il professor Valenti, sottolineando come le recenti indagini abbiano portato alla luce una vera e propria cittadella monastica, ben oltre la struttura finora conosciuta. In questa fase, gli scavi si stanno concentrando su un’area corrispondente al monastero dei «conversi», ossia la parte riservata alle persone che svolgevano lavori manuali all’interno dell’abbazia. Si stima, dalla rivelazione di importanti tracce di vita quotidiana e dell’organizzazione economica e sociale dei monaci cistercensi, che nel momento di maggiore splendore - tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo - vivessero stabilmente circa 160 persone, fra religiosi e altre figure. Lo scavo ha restituito numerose lische di pesce di mare di cui sembra che i monaci ne fossero grandi consumatori: un dettaglio che testimonia la ricchezza e i traffici della comunità monastica. Pesci probabilmente provenienti dalla zona di Castiglione della Pescaia, territorio in cui i cistercensi possedevano proprietà ben documentate come la grancia di Vignale vicino Follonica. La storia ci racconta che a partire dal 1218 e per circa cento anni, il potere dei monaci aumentò notevolmente sia dal punto di vista economico che politico, diventando un punto di riferimento per tutta la regione. Tuttavia attorno al 1400 gran parte di loro si dovette trasferire nel palazzo San Galgano a Siena, perché la zona era diventata sempre più insicura e degradata. Interessante anche il ritrovamento di una fornace da campana che fa supporre la fusione, intorno al 1420, della campana di Montesiepi, per mano di Giovanni di Tofano di Magio, esperto campanaio e autore delle campane per il Duomo di Siena. Infine tra i reperti più curiosi e significativi rinvenuti, figurano un crocifisso in argento di pregevole fattura, due boccali raffiguranti un’iconografia di Galgano Guidotti con la spada e una croce astile di origine francese. Tracce di passato, di un «invisibile che torna visibile».