ORLANDO PACCHIANI
Cronaca

Il Medioevo scaccia le ombre. Piccinni: "Stagione di creatività. E Siena è una città paradigmatica"

La storica dell’Università degli studi tra i curatori del prezioso saggio appena edito da Laterza "Dal Comune all’assistenza ai bisognosi, dalla comunicazione politica alle campagne: tutto cambia".

In alto il volume edito da Laterza, sopra Gabriella Piccinni, tra i curatori, a sinistra la celebre immagine degli affreschi del Buongoverno

In alto il volume edito da Laterza, sopra Gabriella Piccinni, tra i curatori, a sinistra la celebre immagine degli affreschi del Buongoverno

È un libro che tiene insieme l’approfondimento scientifico, garantito dal livello di curatori e autori, e un occhio attento alla divulgazione troppo spesso trascurata dalla storiografia italiana. E che da Siena non coglie solo sicure radici accademiche, ma anche spunti essenziali. Si chiama ’Medioevo che crea. Innovare, inventare, sperimentare nell’Italia dei secoli X-XIV’ (Laterza) il volume curato da Franco Franceschi, docente all’Università di Siena, Paolo Nanni, professore a Firenze, Gabriella Piccinni, professoressa emerita dell’ateneo senese, che hanno coordinato ventiquattro saggi.

È dura scrollarsi di dosso l’analogia quantomai impropria tra il Medioevo e ogni nefandezza contemporanea, quella lettura dell’era dei ’secoli bui’ che basterebbero le luminose bellezze (medievali) di Siena a scacciare. "Con questo volume – spiega Piccinni – vogliamo portare a un pubblico non specialista il confronto delle idee sulle grandi innovazioni di quest’epoca, da tempo ormai acclarate dalle fonti ma che combattono con stereotipi duri a morire".

Perché secondo lei?

"Il Medioevo è utilizzato come un tappeto sotto al quale gettare le brutture della nostra epoca. È come un modo per deresponsabilizzare la nostra società. Un omicidio o un fatto barbaro? Uno stupro? Sono azioni medievali, si dice. Ho persino letto di una sparatoria medievale... Ma sono solo semplificazioni".

E invece voi cosa volete evidenziare?

"Che il Medioevo, al di là delle invenzioni tecniche, è soprattutto epoca di grandi trasformazioni. Per sintesi, basti citare il Comune, l’Università, l’idea di un’assistenza larga ai bisogni, le trasformazioni urbanistiche, le novità per finanza e amministrazione".

In questo senso Siena può essere un esempio...

"È una città paradigmatica perché compendia ciò di cui vogliamo parlare: lo sviluppo urbanistico e culturale eccezionale, i centri di assistenza, la partecipazione all’elaborazione di nuovi linguaggi di comunicazione politica. Tutto concentrato tra il XII e il XIV secolo, costruito da poche generazioni in pochi anni, grazie anche ai fenomeni migratori di inurbamento".

A Siena spicca anche l’esempio del Santa Maria della Scala. Che novità è in quegli anni?

"L’assistenza esisteva anche nel mondo antico, ma cambiano le cose con l’esplosione demografica, con viaggiatori, cittadini che si ammalano o non hanno da mangiare, bambini da assistere, donne sole. Si inventano nel Medioevo forme di protezione sociale e il Santa Maria di tutto ciò è uno degli esempi più studiati, anche grazie alla ricchissima documentazione".

Perché allora resiste lo stereotipo del Medioevo negativo?

"Tutto nasce dagli intellettuali del cosiddetto Rinascimento che non volevano sentirsi figli dell’età che li aveva preceduti, ma del mondo antico, visto come momento splendido seguìto da un buco nero dove tutto è regredito. Ma non era così".

E voi da dove siete partiti per costruire il volume?

"Da un’area geografica, l’Italia, che è luogo di esperienze di avanguardia, e dalla fascia temporale X-XIV secolo. È un periodo di grandi trasformazioni, la fanno da padrone le città ma cambiano anche le campagne, dove la creatività dei contadini disegna paesaggi e spazi".

Si può parlare di Rinascimento prima del Rinascimento?

"Io vorrei proprio eliminare la parola Rinascimento, perché altrimenti sembra che siamo ai prodromi di un’unica stagione innovativa. E invece è il Medioevo che crea".