
Laura Comi, presidente provinciale di Italia Nostra, interviene sul tema dei progetti per le rinnovabili nelle varie aree della provincia
Quello del territorio italiano, e in particolare toscano e senese, con le energie rinnovabili è un rapporto più che mai ambivalente. Il dibattito si è riacceso alla notizia del progetto per la costruzione di un nuovo parco agrivoltaico, con un intervento che si estenderebbe per oltre due chilometri quadrati tra San Rocco e Rosia, cui già si sono opposti in molti, a partire dal sindaco di Sovicille Giuseppe Gugliotti.
"Certo, le rinnovabili servono ed è logico: tutti le vogliamo. Però vanno fatte con intelligenza, con sapienza, come il padre di famiglia che pensa ai propri figli – spiega Laura Comi, presidente della sezione di Siena di Italia Nostra –. I pannelli fotovoltaici si possono mettere lungo i corridoi ferroviari, lungo le autostrade, sui tetti (anche con tegole fotovoltaiche) e nei luoghi degradati: discariche dismesse, cave dismesse. Invece li stanno installando in maniera scriteriata, a terra, su terreni vergini che, anche se non coltivati, potrebbero sempre tornare coltivabili". In particolare, il progetto presentato dalla società milanese Revalue Energies, prevede un impianto agrivoltaico esteso su 238 ettari. Ma il problema si ripresenta anche nel caso dell’eolico.
"Il fotovoltaico, come dice l’Ispra, va messo nelle aree non interessate da coltivazioni. Non deve soffrire il terreno agricolo – dice Comi –. Per l’eolico, l’Enel aveva già individuato e sfruttato i siti ventosi. Si possono migliorare le pale, ma non andare ad aggredire i crinali, che sono fragili e sismici". Il problema è che seguendo questi criteri è tutta l’Italia ad essere sensibile.
"Non c’è una grande differenza di valore culturale fra province, capoluoghi e piccoli paesi – spiega la presidente Comi –. Nel Medioevo e nel Rinascimento la cultura era comune anche ai centri minori". Discorso a parte la geotermia? Non per Italia Nostra. "Le centrali attive hanno già superato la quantità di megawatt previsti dalla Regione, eppure si vuole raddoppiare. Intanto l’acquifero dell’Amiata è più che dimezzato – commenta Comi –. Inoltre c’è un inquinamento di fondo: l’Amiata è un monte ricco di metalli, e ogni estrazione, con reiniezione o meno, comporta un aumento di metalli in falda".