
I carabinieri davanti al garage sequestrato a Castellina in Chianti (Foto lazzeroni)
Castellina in Chianti (Siena), 23 agosto 2025 – “Una brutta storia”. E ancora: “La conoscevamo tutti in paese. Trascorreva anche 5-6 ore dietro alla chiesa, c’era di casa e di bottega”. “Un vero personaggio”. “Era la perpetua”. Voci degli abitanti. Franca Genovini Anichini, così c’è scritto sulla cassetta della posta di casa, era un’istituzione a Castellina in Chianti. Amata e benvoluta da tanti. Anche se a volte spiazzava con quel suo modo di fare esuberante. Iroso, a tratti. Quel carattere forte che era una ’cifra’ di questa donna religiosissima e devota.
La sua vita si svolgeva in cento metri, fra la casa in viale IV novembre, all’imbocco dell’abitato, dove le macchine sfrecciano come se non ci fosse un domani, e l’antica chiesa di San Salvatore in fondo al corso. Costellato di piccole attività dove i turisti comprano prodotti artigianali e si fermano a gustare le prelibatezze del Chianti in un’atmosfera speciale. Ieri mattina, nonostante la pioggia che cadeva a tratti, alternandosi al sole, erano tantissimi. Stranieri, soprattutto. "Chi non conosceva Franca. L’ultima volta che la vidi – racconta un commerciante – fu dal parrucchiere”. Impossibile non sapere chi era quella donna da alcuni descritta come un peperino. “Ognuno ha il suo carattere. E Franca comunque era buona”, sostiene chi la conosceva. Raccontano che tempo addietro aveva anche un Ape che guidava e con cui portava le bombole del gas a domicilio, come si faceva nei paesi quando non c’era ancora il metano. Bombole che caricava e scaricava, come fosse un uomo. Non le stava pensiero nulla. Doveva portare un elettrodomestico da rottamare alla discarica? Non si faceva aiutare. Era autonoma. Si rimboccava le maniche, come molte vedove. E avanti. Come aveva sempre fatto quando lavorava come operaia in un’azienda vinicola della zona.
La sua famiglia arrivava da Castagnoli, sanno a Castellina, anche se in viale IV novembre ormai abitava da una vita. Una casa semplice. Franca Genovini al piano terra, quello superiore sarebbe stato affittato ad una persona. Proviamo a suonare ma non risponde nessuno. Un tendone a righe copre il portone di ingresso al civico 15 dove, almeno all’esterno, non ci sono i sigilli delle forze dell’ordine. Una tenda interna leggermente scostata della finestra protetta da grate di ferro lascia intravedere un divano. Sulla mensola della finestra una ciotola con delle chiavi. E’ in quell’abitazione che Franca Genovini è stata trovata il 7 agosto 2024 senza vita. Si dice che fosse in cucina, su una sedia. L’abitazione dove i carabinieri del Ris di Roma, nell’ottobre scorso, hanno svolto rilievi a 360 gradi quando l’ipotesi del malore iniziava a sfumare e prendeva corpo quella della morte per mano di terzi. Addirittura di un presunto omicidio, altrimenti gli uomini con le tute bianche e il luminol non si scomodano. Inutile provare a suonare i campanelli dei portoni vicini. Così come quelli del palazzo dall’altra parte della strada dove c’è sempre scritto sulla cassetta della posta ’Anichini-Genovini’. Silenzio assoluto.
"Ha diverse proprietà immobiliari nella via”, raccontano ancora a Castellina. Nell’edificio antistante l’abitazione della pensionata, con muri scrostati che reclamano il restyling, c’è un locale tuttora sotto sequestro penale da parte dei carabinieri di Castellina in Chianti. Il foglio reca la firma del maresciallo maggiore Roberto Montini che è arrivato alla stazione dell’Arma da San Gimignano, nel 2020. Sembra un garage, guardando anche il lampeggiante giallo al muro in alto a sinistra. All’interno c’è la Suzuki di Franca? Quella con cui, nonostante i suoi 85 anni, si spostava in paese? E raggiungeva anche il recinto con le galline che teneva non molto distante ma in campagna, in linea d’aria forse 50-100 metri. La vedevano andare a venire spesso, anche più volte al giorno da lì. Una zona che è stata perquisita dalle forze dell’ordine.
Poi c’era la chiesa. La sua seconda casa. La cercavano, quel pomeriggio del 7 agosto 2024, questo si sa in paese, perché c’era un funerale. E Franca era preziosa: andava ad aprire prima la chiesa, ad accendere le luci e sistemare. Quando c’era stata una vacatio, prima dell’arrivo di don Roberto, era stata lei insieme ad altre donne della chiesa a mandarla avanti. Impegnandosi molto. Le panche sistemate, tutto ordinato per accogliere chi voleva soffermarsi, come facevano in tanti ieri, davanti alle spoglie del martire cristiano San Fausto che giacciono lì dal settembre 1661. Invocato perché tenesse lontano epidemie, siccità, disgrazie e terremoti. "Spesso stava qui, prendeva un caffè – racconta Alessandro, titolare del locale di fronte alla chiesa –, era ancora in gambissima. Guidava, diceva che aveva l’orto, era arrabbiata a volte perché la volpe gli aveva mangiato le galline. Una donna vecchio stampo”. “Ricordo che quel giorno faceva caldo, si sentiva che non trovavano la Franca, come mai la chiesa è chiusa, si diceva. Poi, cercando, sapemmo che l’avevano trovata in casa. Pensammo che era stato il caldo. Nessuno avrebbe mai ipotizzato nulla di diverso”, conclude.