
Il Gruppo Autonomo Stampa presente all’udienza con Leone XIV: "Respingere il paradigma della guerra"
"Cari amici, disarmiamo le parole e disarmeremo la Terra". Nella sua prima udienza pubblica, ieri in Aula Paolo VI, Papa Leone XIV ha voluto incontrare giornalisti e operatori della comunicazione e li ha appellati fin da subito "amici", riducendo le distanze imposte dal ruolo. Dodici minuti di discorso letto in italiano e tradotto in inglese sui maxischermi, interrotto per ben otto volte dagli applausi della sala che ha fatto sorridere il Papa. E lui si è lasciato andare a una battuta in inglese: "Dicono che applaudire all’inizio non importi molto. Ma se alla fine sarete ancora svegli e vorrete ancora applaudire, grazie mille".
Poi riprende il suo discorso con quelle due parole, "disarmare e disarmante", con cui ha iniziato il suo pontificato e chiede la collaborazione di tutti i media internazionali: "Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana. Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace. Dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra".
Un incontro inizialmente aperto ai soli giornalisti accreditati per il Conclave e poi esteso a tutti gli operatori dei media. Tremila i presenti di tutte le nazionalità, moltissimi i sacerdoti giornalisti. Per capire il cambio di passo del nuovo pontefice basta guardare le prime due file, quelle destinate agli ospiti che il Santo Padre ha salutato personalmente al termine dell’incontro. Se nell’ultima udienza di Papa Francesco con i giornalisti, il 25 gennaio per il Giubileo della comunicazione, le prime file erano occupate da giornalisti italiani, conduttori radiofonici, presentatori e presentatrici da prima e seconda serata (quasi tutti della televisione pubblica), ieri le prime file erano un mix di giornalisti internazionali, per lo più sconosciuti al pubblico italiano, qualche direttore di rete, molti rappresentanti del mondo cattolico, sia al maschile che al femminile.
Forte il richiamo alla solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità, per i quali Papa Leone chiede la liberazione: "Solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa".
Due i richiami a Papa Francesco, in particolare al suo ultimo discorso in occasione della Giornata mondiale della comunicazione sociale, e un invito a uscire dalla "Torre di Babele" piena di linguaggi spesso ideologici e faziosi. Una linea di continuità, dunque, tra i due Pontefici perché l’informazione sia strumento per creare una cultura di Pace, costruendo ponti e non muri. E guardando all’evoluzione tecnologica, per Papa Leone questa missione diventa ancora più necessaria: "Penso all’intelligenza artificiale con il suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità". E prima di passare a salutare la sala (anche nella lingua dei segni) e firmare autografi, il Santo Padre ha voluto pregare, questa volta in latino, benedicendo i presenti. La dolcezza della voce di Papa Francesco è oggi la voce chiara e squillante di Papa Leone: un appello ai giornalisti a lavorare insieme, a guardare nella stessa direzione, quella della pace.
*presidente del Gruppo Stampa Autonomo Siena